Questo lo avevo scritto sul vecchio blog alle ore 14:00 del giorno 7/02/2007
La signorina Clarinda Workshire abitava al primo piano del prestigioso palazzo che si erigeva al numero 24 di Clusther Street, a Plymouth.
Per arrotondare le entrate affittava alcune camere ammobiliate del suo grandissimo appartamento a studenti e a persone sole; accettava solamente chi era munito di opportune referenze o di potenti raccomandazioni, perché era oltremodo sospettosa e diffidente, oltre che taccagna ed avida. Qualità che hanno dissuaso ed allontanato velocemente tutti i pretendenti che in gioventù le avevano messo gli occhi addosso, pur essendo una bellissima donna.
Ogni mattina di ritorno dalla spesa era solita far visita a Harriet, la sua amica e vicina di appartamento, per un the e due chiacchiere, o meglio per aggiornarsi sulle novità del vicinato.
Ultimamente aveva dato alloggio ad una graziosa vecchietta e proprio di costei erano solite parlare: si era presentata sprovvista di ogni credenziale, ma quali informazioni prendere su quella triste ed elegante signora, che affermava essere una insegnante di danza in pensione?
La sua aria da contessa decaduta ispirava fiducia, inoltre aveva dimostrato di essere beneficiaria di una sostanziosa pensione e titolare di diversi titoli di credito; d’altro canto quel suo delicato accento francese deponeva a suo favore, pertanto aveva deciso di fare un’eccezione e di accoglierla ugualmente.
Ma aveva paura di trovarla morta da un momento all’altro, visto che aveva quasi 90 anni.
L’anziana ospite ogni pomeriggio era solita uscire per andare a messa e per fare una passeggiata, anche nelle giornate più fredde e gelide.
Harriet - che da sempre gestiva con successo il servizio centralizzato del gossip di quartiere - dopo lunghissimi e pazienti appostamenti dietro le finestre ed allo spioncino della porta, un pomeriggio, con uno stratagemma, attirò in casa sua la misteriosa signora, al fine di interrogarla. Era bravissima nell’arte dello spennare le oche senza farle gridare.
Da quell’incontro anche lei si convinse che era proprio una persona per bene: poverina, si lamentava continuamente del nipote che la chiamava raramente dall’America, perché era sempre molto impegnato, e non finiva mai di elogiare Clarinda per averla accettata nella sua bellissima casa ad un prezzo irrisorio. Purtroppo non riuscì a scoprire nient’altro di interessante ma sperava di rimediare, col tempo, qualche informazione in più.
Quella stessa sera, verso l’ora di cena, l’anziana signora portò ad Harriet un fragrante plum cake: “da parte di Clarinda”, disse con composta gentilezza.
Harriet, lusingata da quel regalo, raccontò al marito del nuovo arrivo in casa Workshire, di cui però non riusciva mai a ricordare il nome.
“Chi, Belfagor?”, rispose beffardo il consorte, che non poteva fare a meno di trovare un soprannome per tutti. In effetti quella vecchietta francofona ricordava un po’ Belfagor, soprattutto quando la si osservava dallo spioncino della porta, che ovalizzava le forme ed i volti.
Harriet era a dieta ma suo marito, irreparabilmente goloso, dopo cena fece onore al dolce divorandone quasi la metà.
Quella notte dall’interno dell’appartamento di Clarinda provennero dei rumori e dei lamenti strazianti, dopodichè delle voci concitate si udirono sul pianerottolo. Poco dopo un’ambulanza si fermò di fronte al portone del palazzo.
Harriet, svegliatasi di soprassalto, occhieggiò dallo spioncino della porta del proprio appartamento e vide due infermieri che portavano via una barella coperta da un lenzuolo.
“Oramai è andata”, sentenziò qualcuno che lei non riuscì a intravedere. A volte le veniva la tentazione di chiamare il falegname per farsi installare uno spioncino con un maggior angolo visivo.
“È morta. Pace all’anima sua, domattina andrò io a fare visita a Clarinda che di certo non se la sentirà di uscire”, pensò tra se e se Harriet.
Tornò a letto e si voltò a guardare suo marito: stava russando gustosamente, non si era accorto di nulla. Prima di riaddormentarsi pensò ai bei soldi che presto avrebbe ricevuto la sua vicina. Di certo la vecchia prima di morire aveva messo da parte un bel gruzzoletto.
Lei invece arrivava a malapena alla fine del mese.
La mattina successiva, dopo che suo marito uscì per andare al lavoro, bussò delicatamente alla porta di Clarinda.
Le venne ad aprire Belfagor, in persona.
“Ma cosa è successo stanotte?”, chiese allibita Harriet.
“E’ morta Clarinda. Ora mi scusi, ho da fare” rispose Belfagor e richiuse immediatamente la porta sbattendola sulla faccia sbalordita di Harriet che, nonostante la brevità della conversazione, fece in tempo a intravedere un ragazzone alto e biondo entrare nella stanza dove era alloggiata Belfagor.
Rientrò di corsa in casa e accostò l’orecchio alla parete della cucina, da dove si poteva agevolmente ascoltare ciò che succedeva nella camera.
“Nonna, da chi dobbiamo andare adesso?
“Dopo che finiremo qui io andrò dalla vedova Plincher a Londra, che affitta stanze unicamente a donne sole, ho già preso l’appuntamento. Tu invece te ne andrai in albergo, ti ho prenotato una stanza allo Sterling’s House, ed aspetterai mie disposizioni. A proposito, hai visto che avevo ragione io? Quell’impicciona della vicina ha buttato via il dolce, anche se ha finto di averlo gradito. Se l’avesse mangiato adesso sarebbe a far compagnia a Clarinda”, rispose la vecchietta.
“Non essere impaziente come tuo solito, nonna, il Porthonio42 fa effetto dopo 12 ore, ma soprattutto non lascia tracce. Non come il tuo caro cianuro, che ci ha già fatto rischiare un casino di volte”.
A sentire quei discorsi le si raggelò il sangue. Il porthonio42? Il cianuro?? La torta??? 12 ore???? Suo marito l’aveva mangiata la sera precedente verso le 20,30, quindi… cercò di fare un rapido calcolo ma il suono del telefono la interruppe.
Non riuscì a sentire il seguito della conversazione perchè dovette correre immediatamente all’ospedale. Dal quale non fece più ritorno.
“Mon cher, ieri pomeriggio, quando quell’impicciona mi ha invitato a casa sua per interrogarmi, ho approfittato di un suo momentaneo allontanamento per spruzzare sulla parete della cucina quello spray che mi hai portato dall’America. Così impara ad auscultare le conversazioni altrui con l’orecchio appiccicato alla parete. Quella pettegola pensava che Clarinda non se ne fosse accorta. Ma era Porthonio42 anche quello?”
“Bravissima nonna! Si ma quello aeriforme fa effetto dopo circa 8 ore.”
“Dai facciamoci un joint veloce che dobbiamo ancora controllare l’appartamento di Harriet, prima che arrivi qualcuno. E poi Londra ci aspetta. Però la vedova Plincher la voglio fare a pezzi io, con la mia accetta, prima che muoia definitivamente col Porthonio42. Quindi regolati di conseguenza”, gli ordinò la nonna.
Misero un disco, nel grammofono che era appena diventato di loro proprietà, e, tra un tiro e l’altro, ballarono e cantarono, prima di scoppiare a ridere a crepapelle:
Non, rien de rien
Non, je ne regrette rien
Ni le bien qu'on m'a fait, ni le mal
Tout ça m'est bien égal
Non, rien de rien
Non, je ne regrette rien
C'est payé, balayé, oublié
Je me fous du passé