La Sardegna, terra, nell’immaginario collettivo, di sequestri, di sequestratori e di centenari, è al centro dell’intrigo internazionale raccontato ne “I partigiani del genoma” (2009, Aìsara, 231 pagine, 15 euro), romanzo d’esordio della giornalista olbiese Lisa Corimbi.
Stefano, giornalista d’assalto di madre giapponese e di padre italiano, ha il sospetto che dietro alcuni recenti sequestri di persona non vi sia la solita anonima sequestri sarda, bensì un’organizzazione ben più pericolosa composta da insospettabili che commissionano esperimenti medici sugli ostaggi, al fine di completare la mappatura del genoma umano, sotto l’egida di potenti multinazionali senza scrupoli che si contendono a suon di miliardi i risultati di tali esperimenti.
Un’idea e una trama originali, alle quali però uno stile spesso ridondante, un “troppo detto” dopo l’altro e, forse anche, un minor coraggio della scrittura, non rendono giustizia.
Il chiaro richiamo a un notissimo sequestro di persona che, seppur conclusosi con la liberazione dell’ostaggio e la cattura dei sequestratori, ha avuto un drammatico strascico (il suicidio di un magistrato), risulta fuori luogo per non dire quasi fastidioso; i dialoghi appaiono artificiosi, le descrizioni non sono efficaci e i tempi, nonché i registri, narrativi subiscono oscillazioni che appesantiscono la lettura, nonostante i numerosi quanto affascinanti richiami alla cultura orientale che pervade l’anima del protagonista; riferimenti che peraltro denotano una notevole documentazione specifica dell’autrice.
A onor del vero qualche volta il lettore deve sospendere la lettura per riflettere su alcune suggestive ricostruzioni che - sebbene a dire dell’autrice sono frutto di fantasia - appaiono ben riferibili al “Progetto Genoma Umano” e ad altre questioni tipicamente sarde, ma ciò non appare sufficiente a colmare le tante incongruenze di quest’opera, a partire dal primo incontro del protagonista.
I toni troppo calcati infine hanno sminuito l’efficacia del finale, peraltro intuibile già da metà libro.
L’isola di pietra, la terra di conquista, la commistione di culture diverse, la bioetica, la globalizzazione, la rete avrebbero potuto conferire maggior fascino a pagine indubbiamente destinate, nelle intenzioni dell’autrice, a toccare temi di notevole interesse.
Un’opera trattata in salsa Dan Brown che lascia quel senso di già sentito, di déjà vu: la lotta tra il bene e il male, l’informazione compiacente, la corruzione, i poteri occulti, il bel mare sardo.