Un romanzo di formazione incentrato sulla figura di due donne, madre e figlia, Immacolata e Filomena. Siamo nella prima metà dell’800, nell’Italia non unita, ancora in mano ai signorotti locali e alla miseria, in cui le uniche armi valide sono la speranza e il lavoro: una speranza cieca e un lavoro massacrante.
Le due protagoniste catalizzano personaggi e situazioni che l’autrice descrive con un fraseggio ricercato e incisivo, senza sbavature, anche laddove si trova a descrivere di come la disperazione abbia lasciato, dopo averle sbranate senza pietà, le sue vittime – non scelte a caso, verrebbe da dire – esposte agli occhi del popolo, a mo’ di monito. Per terra.
Ci sono però valori e sentimenti sui quali non è possibile estendere alcun tipo di ipoteca esclusiva e che tendono a unire, in maniera naturale, gli esseri viventi. Proprio su questi l’autrice basa la sua narrazione di speranza. Saranno, infatti, i sentimenti di maore (anche filiale) ad avvicinare, a vario titolo, i signorotti locali e, quindi, a salvare, le famiglie delle misere Filomena e Immacolata. La miseria trasuda da ogni pagina di questo libro, ma viene sempre proposta in chiave positiva, come stimolo a non cedere e a non soccombere.
In quest’opera di taglio decisamente Verista, l’Amore, inteso sia come spirito santo laico, sia come elemento che move il sole e l’altre stelle, viene celebrato in maniera magistrale; un sentimento che smuove coscienze sopite ed esistenze destinate all’estinzione, impreziosendole con fili di seta a volte invisibili; la stessa seta lavorata – a partire dal baco – in uno dei tanti opifici-lager dell’epoca, disseminati nel sud di un’Italia scossa dallo spodestamento dell’egemonia Borbonica. Proprio in uno di quegli opifici, in cui suo padre l’aveva fatta entrare affidandola a una sorta di direttrice, affinché non soccombesse sotto la miseria, Filomena ha iniziato a capire a proprie spese – anche aiutata da una sua collega ribelle – quanto fossero naturalmente e umanamente indispensabili la speranza e l’amore: contro ogni logica, ha continuato ad aspettare e a sperare che tornasse da lei fino all’ultimo giorno della sua vita.
Nell’opera viene anche affrontato il tema dell’emigrazione. L’autrice, in linea con lo spirito che ha animato la sua penna fin dalle prime righe, non si preoccupa di darne una spiegazione o di inquadrarlo: si limita a prenderne atto.
Al termine della lettura resta un interrogativo: ci si può salvare? E qui, il lettore può ottenere la propria risposta a seconda di come ha affrontato la lettura e la propria vita fino a quel momento.
Un’opera non per tutti, di rara bellezza.