Invece mi ha stupito. In quest’opera, LL si è messa a nudo, sconfortata e smarrita dalla parte più deteriore dell’essere umano, da quella parte che lei assimila all’”arte” del falsario.
La narrazione procede su tre direttrici: quella relativa al rapporto di amicizia tra Dora, l’Io narrante dell’opera (ma chi sarà mai questa Dora? Ma per caso ha anche rubato, come tutti noi abbiamo fatto, qualcosa alla Standa? Chi lo sa, abracadabra), con Graziella De Palo; quella più impalpabile degli intrighi di marca “ragion di Stato”, che hanno mietuto la giovane vita di Graziella e del suo collega Italo, e quella – più letteraria – connessa con la storia di due pittori bravissimi: uno “originale” e l’altro abile nella riproduzione dei quadri di quello “originale”, ossia un falsario d’autore. Tutti i personaggi, Dora compresa, sono mossi da una scintilla di cui l’autrice, quasi in ginocchio, cerca di capire la genesi e la funzione, per poi arrendersi.
Il rapporto personale tra Dora e Graziella De Palo – scomparsa a Beirut assieme a Italo Toni nel 1980 in circostanze mai chiarite – viene sviscerato senza risparmio, come in una ninna nanna struggente.
La narrazione non solo arriva a livelli di intimità toccanti, non solo ci mostra l’autrice in veste privata e inedita ma, soprattutto, riesce a descrivere quanto sia facile schiacciare la freschezza di chi vorrebbe un mondo migliore ed eclissarsi, impuniti, quando non celebrati spacciatori di innovative versioni di onestà intellettuale. Le passioni di due adolescenti, gli interessi, le trasgressioni, gli amori, le aspirazioni vengono descritte sotto la luce spogliata e postuma dello smarrimento e della malinconia. Ritroveremo questa luce nella terza direttrice su cui quest’opera è incardinata. Gli intrighi, i depistaggi e i comportamenti ambigui gabellati come di interesse superiore dai “soliti” Servi(zi) Segreti, descritti nella seconda direttrice, hanno creato una cortina venefica attorno alla vicenda De Palo – Toni (vicenda diventata presto uno scomodo fascicolo o un comodo dossier, a seconda dei punti di vista), cortina che mostra in controluce una ragnatela di interconnessioni da capogiro, talmente complesse e pulsanti da costituire un organismo neuronale autonomo, incontrollabile, infido e sfuggente, che si è nutrito di tutte le tristemente famose stragi italiane e con ogni probabilità continuerà a farlo. Questa cortina fa apparire la ragnatela come un’entità virtuale, un’illusione ottica, un trompe l’oeil, un’immagine uscita da un test di Ishihara, che qualcuno vuol spacciare per piacevole, naturale, casuale. Autentica. Ed ecco che si arriva alla terza direttrice, quella ambientata altrove, in cui il concetto di autenticità viene esplicitato in un prisma, con un falsario alla ricerca della propria dimensione, affascinato dai quadri di un altro pittore bravissimo, vissuto centinaia di anni prima, al soldo di strani personaggi e abilissimi ipnotizzatori. Quadri in cui la luce gioca un ruolo fondamentale, come quella della cortina di cui sopra, in cui sono immersi troppi accadimenti “di Stato”; quadri dipinti da persone talmente ossessionate da arrivare alla rinuncia del sé a favore di qualcosa di più grande, impalpabile, come le eminenze grigie descritte in quest’opera che tramano nell’ombra in nome di uno strano dio.
Su questo sistema di ingranaggi vigila Saturno. Sarà lui questo strano dio? E la chiave di soluzione sarà nei suoi anelli impalpabili? O forse nei suoi compedes che rievocano un rapporto di schiavitù? Ma perché si deve cedere alle schiavitù, agli "altri", quando potremmo appagarci con altre attività più redditizie?
Questo libro è un inno alla vita, all’amore, al rispetto che dovremmo avere soprattutto per noi stessi; questa è un’opera di coraggiosa espiazione collettiva, trasuda talento e coraggio anche tra gli spazietti tra un carattere e l’altro.
Non credo che per l’umanità ci sia speranza, però abbiamo tutti il dovere di evocarne una, di speranza, se no altro perché - e l'autrice lo ribadisce con un fil rouge che lega gli eventi - la verità è figlia del tempo. E il tempo è galantuomo.