Scopro che la presentazione si tiene ugualmente, quello stesso giorno, presso lo stand della casa editrice e mi precipito fiduciosamente.
Finalmente iniziano a parlare direttamente gli autori, non c’e alcun relatore (forse nessuno vuole compromettersi, visto che già la sala è stata vietata) e spiegano che il titolo è una trasposizione tra il famosissimo istituto Cepu e l’ordine Opus Dei. Da lì iniziano un viaggio che per poco non mi vengono le vertigini e muoio.
Si inizia con il dire che sull’università italiana gravano delle “bugie di stato” e delle “truffe”, in quanto alcune facoltà hanno delle sedi all’estero cui si può accedere solo previo pagamento di laute somme. Quali siano queste facoltà non è stato precisato e perché proprio all’estero, nemmeno.
Si continua affermando che sulla cultura ci mangia anche la mafia, in quanto dietro alcune organizzazioni che erogavano lauree false c’era Toto Riina (ora credo che quelle organizzazioni siano state chiuse, o almeno lo spero, anche se la storia delle lauree false non è di esclusiva pertinenza della mafia).
Oltre a questi quattro livelli, ci sarebbero altri soggetti che controllano le nostre università: gli ordini professionali (che esisterebbero solo ed esclusivamente per spillare soldi agli iscritti) e le grandi aziende. E son già sei, che vanno d’amore e d’accordo con il Nuovo Ordine Mondiale, tutti complici. Anzi sette, se si considera anche la mafia.
In buona sostanza si parla di UNA SOLA grande azienda, ossia quella che pubblica i libri sui quali gli studenti si preparano per sostenere i test di ammissione alle varie facoltà a numero chiuso. Lì per lì il nome di questa azienda non si fa ma si precisa che essa – spalleggiata non ho capito bene da chi – è nata appositamente per arricchirsi su questa storia del numero chiuso. Ora, il numero chiuso è nato con una legge del ‘99, mentre QUELLA azienda è lì dall ’81, ma va ben.
Delle scie chimiche, degli ufo e delle torri gemelle non hanno parlato.
Ora, ammetto che il numero chiuso delle università sia un problema da non sottovalutare, però basterebbe regolamentarlo un po’ meglio. In Europa le cose vanno diversamente, le offerte formative sono differenti, i test di sbarramento esistono, sì, ma sono attinenti alle materie svolte, forse là i nove soggetti sono strutturati diversamente. In Italia invece vige la moda dei “tagli”, con le conseguenze che ne derivano.
La presentazione si chiude con l’invito a seguire l’esempio del Buthan, in cui non si parla di p.i.l. (prodotto interno lordo) ma di f.i.l. (felicità Interna lorda). Il Buthan, per dire, in passato ha espulso circa centomila cittadini di origine nepalese, sostenendo che non fossero dei "veri" bhutanesi. Questa mossa avrebbe avuto un effetto negativo sul p.i.l. ma non sulla felicità interna lorda. Là sono tutti felici.
Insomma, una cosa da niente.