C’è uno scandalo, un orrore continuo, che si consuma davanti ai nostri occhi, di fronte al quale si gira sempre e comunque lo sguardo altrove. Alludo a quello delle schiavitù e della tratta di esseri umani. Le strade sono piene di prostitute, meglio se riunite in zone ad hoc, per la maggior parte scappate dal proprio paese, nella speranza di trovare qualcosa di meglio.
E quando scrivo che lo sguardo si gira sempre dall’altra parte, alludo anche a scrittori - persone, soggetti, dai quali ci si aspettano messaggi quanto meno intelligenti - che scrivono cose assurde, spacciandole per gran cultura, tipo quelle propinate da Marco Proietti Mancini in Roma per sempre, quando racconta con disinvoltura, al fine di dimostrare quanto sia attento a certe cose, di quella volta che ha avvicinato una prostituta per allungarle dei soldi solo per vederla ridere. Ecco, questo si deve leggere su un tema così delicato da persone che aprono pagine su Facebook fregiandosi della qualifica di scrittore.
Per tornare al libro, Alina è una giovane studentessa Ceca. Orfana, vive con lo zio e si mantiene agli studi lavorando duramente, quando viene avvicinata da degli amici di famiglia che la convincono ad andare a Roma, dove, a loro dire, avrebbe avuto una vita migliore.
Com’era prevedibile a Roma invece l’aspetta il marciapiede e un’organizzazione di persone senza scrupoli che non esita a mettere in atto le sevizie più crudeli, anche psicologiche, per tenerla legata a loro.
È una storia di fantasia, ma credo che anche le virgole siano reali, in cui l’orrore si aggiunge, giorno dopo giorno, ad altro orrore, come se non ci fosse mai una fine: persone cosiddette per bene che comprano favori e sfogano istinti inconfessabili; autorità che invece di vigilare e intervenire tollerano, quasi a mo’ di arredo urbano, certe presenze, quando non sono corrotte e pagate per non intervenire; donne segregate e sottomesse a mo’ di galline delle uova d’oro e poi buttate via quando diventano troppo vecchie. E in certi mercati il concetto di “troppo vecchio” è facilmente intuibile.
Un traffico che - dopo avere messo in moto una macchina degli orrori ai danni di povere ragazze sfortunate - porta soldi completamente in nero, che sfugge a ogni raziocinio e che meriterebbe un intervento di natura anzitutto politica, perché legalizzando il mestiere definito più antico del mondo, sottoponendolo a controlli e alla giusta vigilanza, non vuol dire tornare a un’era premerliniana, ma intervenire per monitorare un dramma che calpesta i diritti umani in una società schizofrenica, così attenta alla morale, all’evasione fiscale, ai diritti universali e, sempre a parole, alla situazione e alla condizione della donna.
Alina troverà con fatica un riscatto, ma la domanda resta: le ferite che ha subito come verranno metabolizzate? Vinceranno i traumi subiti o la sua forza di volontà? Ecco il vero problema, ciò che inquina ulteriormente una società tendente al morboso. Una società che sembra alimentata da canali che aumentano la violenza da parte di sedicenti uomini verso il prossimo, meglio se donne, meglio se puttane.
Un’opera matura da leggere con calma e a piccole dosi, in cui la verità gronda di sangue. Mi piacerebbe sapere come viene intesa dai frequentatori dell’ambiente, compreso quel signore di cui ho parlato prima, quello che in preda a un irefrenabile desiderio gravemente autoreferenziale di far capire al mondo quanto sia sensibile, racconta di gente che regala soldi alle prostitute per farle sorridere. Chissà quale valore dà a quel sorriso, dopo avere letto queste pagine, anche se i soldi e la vanagloria lavano tutte le coscienze.
Ma vivere in un mondo simile, leggere cose simili, mette orrore.