Penso che decidere di fare “gazzosa” a Orune, come in qualsiasi altro posto, per cercare di dimostrare chissà cosa, sia quanto di più demente possa esistere. Mi viene da pensare che probabilmente ciò è stato assunto come parametro di coraggio e di valore da qualche mente malata, che sperava, un giorno di potersi vantare di aver fatto la spiritosa davanti ai leoni, magari con degli agnellini in braccio. Così, tanto per dimostrare che si è più coraggiosi degli Orunesi.
Balentia da bar, Balentia di persone che dorme ancora con la luce accesa perché ha paura del buio. Balentia dell’ultim’ora, da parte di “castigados”. Balentia di vigliacchi che sparano ai cartelli e non sanno nemmeno il perché. Un retaggio di quando i segnali dello Stato erano indesiderati. Erano...
Spero che la sentenza della Giustizia, quella umana, arrivi a breve e sia inclemente; però quella sentenza, se e quando arriverà, ricadrà sulle nostre spalle, non solo su quelle dell’assassino, o assassini. Sulle nostre e di tutti quelli che impestano l’atmosfera di parole indignate solo per cose lontane, senza rivolgere lo sguardo al proprio vicino. O a se stessi.
Ma noi ce la scrolleremo velocemente da dosso, magari ostentando un po’ di compiacenza verso i turisti continentali, dimenticando che i veri tesori sardi di cui vantarsi sono ben altri.
Spero che a interessarsi di questo caso sia solo la Giustizia umana, e non si inneschino rituali antichi, che si speravano dimenticati. Rituali dietro ai quali molti amano nascondersi o amano brandire a mo’ di arma, rituali che molti pretendono essere legati indissolubilmente alla Sardegna. Rituali legati a una parola terribile, forse la più terribile che grava sull'Isola di pietra: faida.
Rituali che l’assassino, nel suo delirio, pensava di far propri - magari da vincente -, o di fermarli una volta per tutte con un atto di (pseudo)coraggio che, invece, aveva in sé tutti i germi per rievocarli.
Non riesco nemmeno a definirli vigliacchi. Non riesco nemmeno a pensare che si tratti, hic et nunc, una sorta di giustizia privata. No. Si tratta di solitudine, di insoddisfazione per una vita vissuta nella sala degli specchi, dove tutto ciò che vedi è una “non realtà” e induce dei "non ricordi".
Non è tollerabile, e mi rivolgo alle famiglie, alle scuole, alle Istituzioni, ai blogger, agli opinionisti, ai tuttologi, agli intellettuali molto impegnati e a tutti i cittadini, che nel 2015 ci sia gente che vive in questo modo. Non è tollerabile che vengano lasciati soli. Noi ci siamo. Urliamolo. Urliamolo che non esistono parole per definire un assassino che stronca la vita di un diciannovenne, né motivi.
Rinnegare certi meccanismi non è rinnegare la Sardegna, né le proprie origini: è amore per la propria terra e la propria gente.
A perdonare e a uccidere tocca a Dio.
| Perché noi siamo tutti così, ci indignamo per le cose lontane, dal nostro salotto. E diamo sempre la colpa agli altri. La Sardegna del “si deus cheret et sos Carabineris” non verrà salvata dai Carabinieri. Non riesco a togliermi dalla testa questa canzone, di cui trascrivo la traduzione in italiano: si intitola “Vendetta”. |
Quanto hai sofferto per causa mia, o madre mia,
in quel tempo di strazio profondo,
quando uccisero mio fratello
che non aveva commesso neanche il minimo reato.
Era un innocente agnellino che succhiava dalla mamma
il bianco latte dell’innocenza, condito con la speranza di una lunga vita.
Era un fiorellino che s’affaccia sorridente
quando i rintocchi delle campane annunciano la festa.
Non si poteva sopportare
tanto dolore, o madre mia;
io dovevo colpirlo malamente
e l’ho barbaramente massacrato.
“Muori colpito dalla mano del fratello
che hai ucciso, non posso perdonarti;
muori colpito dalla mano del fratello
che hai assassinato, non posso perdonarti”.
Il cuore tuo è distrutto, o madre mia,
ma lui non aveva più il diritto di vivere;
in prigione poteva ancora godere dei piaceri della vita,
mio fratello gode solo della fredda terra che lo ricopre.
Il sangue sardo si ribella, io dovevo
cercarlo e compiere la mia vendetta;
aveva ucciso mio fratello, che era anche tuo figlio, o madre mia,
l’assassino doveva pagare con la stessa moneta.
Non si poteva sopportare
tanto dolore, o madre mia;
Io dovevo colpirlo malamente
e l’ho massacrato barbaramente.
“Muori colpito dalla mano del fratello
che hai ucciso, non posso perdonarti;
muori colpito dalla mano del fratello
che hai assassinato, non posso perdonarti”.