Per i non Sardi, la discesa dei Candelieri è un evento inserito nel Patrimonio orale e immateriale dell'umanità dell'UNESCO. Consiste in una processione danzante di enormi colonne di legno, ceri simbolici, detti "Candelieri", che si svolge a Sassari, lungo il Corso Vittorio Emanuele II fino a Porta Sant'Antonio e dal Corso Francesco Vico fino alla chiesa di Santa Maria di Betlem. Questi ceri vengono trasportati e fatti danzare da dei ragazzotti massicci e prestanti, chiamati obrieri, perfettamente sincronizzati agli ordini di un attentissimo conduttore. Considerate le enormi dimensioni, basterebbe un minimo errore per rovinare tutto. Per approfondire, leggete qui. Indubbiamente uno spettacolo emozionante, per chi ha la fortuna di vederlo da vicino.
Non le avevo mai notate prima di quest’anno.
Come scopo principale hanno quello di insidiare, sperando in chissà cosa, gli obrieri più muscolosi. Ora, è bene precisare che questa cerimonia è sacra, nessuno degli officianti si distrae, non si vedono nelle loro mani bottiglie di birra o alcolici, stanno fra di loro, si consultano, serissimi e formali, e danno una risicata confidenza solo a chi chiede un selfie. La concentrazione non deve mai venire meno in quel rito di oltre cinquecento anni, seguito da migliaia e migliaia di persone.
La capocandeliera sembra l’albero di Natale dell’esercito di Franceschiello: capelli a treccine con dei fiocchetti rossi e blu, fiorellini a coroncina, piercing sparsi ovunque, tatuaggi tanto carini di cagnolini pucciosi, collare e bracciali con borchie, cavigliere a forma di serpente, pantaloncini stracorti e tacchi da trampoliere. La catena è chiusa dall’immancabile amica cicciona, che si fa tirare fingendo imbarazzo, maglietta con Minnie, un po’ zoppicando e: «Ufffyyy, ma dove MINCHIA mi state portando!».
Le candeliere si fanno trovare sempre dove non devono. Si fermano in mezzo alla strada, lattina di birra in una mano e sigaretta nell’altra, fingendo indifferenza nella speranza che qualche obriere distratto si sbatta a loro. Quando però vengono prontamente invitate dal conduttore a farsi da parte, si allontanano a testa bassa, coprendosi gli occhi con una mano e dicendo a voce alta: «Che figura di merdaaa». Ma si allontanano solo per andare a vedere che aria tira dalle parti del Candeliere successivo e mettere in atto la stessa strategia. Se per caso sorprendono qualche Candeliere fermo, allora iniziano a farsi i selfie con gli obrieri, i quali, al 37esimo scatto fanno finta di sentire qualcuno che li chiama e le mollano lì con la bocca a culo di gallina.
Tra la capocandeliera e l’amica cicciotella, c’è un florilegio di cinghialeria che manco all'angiporto di Genova. Chi prima rutta e poi, fingendo imbarazzo, si mette la mano davanti alla bocca, ingobbendosi e guardandosi attorno per vedere se qualcuno per caso ha sentito il ruggito bitonale; chi a voce alta dice frasi del tipo: «Ma quanta cazzo di gente c’è! Ma cosa cazzo volete che ci guardate? Volete una fotografia?» In effetti c’è da stupirsi che la gente guardi proprio quelle fatine dei boschi che corrono tra un Candeliere e l’altro. Infine c’è la terza mediana, ipertruccata che, quando la banda inizia a suonare, marcia muovendosi come i soldatini e saluta militarmente le amiche e, ovvio, gli obrieri che, dal canto loro, le ignorano saporitamente.
Se per caso qualche gruppetto di ragazzi vagabondi e liberi da impegni le nota e tenta un approccio, queste, nel migliore dei casi, li invitano ad andarsene a fare in culo.
Le candeliere si muovono freneticamente avanti e indietro come le formiche a caccia, infichiandosene della tragedia che potrebbe nascere se un Candeliere cadesse o andasse a finire dove non deve. Più non vengono considerate, più aumenta la loro frenesia, sembra non sappiano più cosa fare per rendersi visibili. Completamente ignare del momento solenne, sono certo che a volte pensano di salire sul Candeliere se solo potessero, oppure di agghindarsi come il Candeliere medesimo, magari con delle ruote di pavone in testa e dei lampeggianti in mano, così, giusto per vedere l’effetto che fa.
Alla fine, stufe, sfrante, esauste, nervose, frustrate e annichilite per tanto ignoro (compreso il loro ignorare la loro completa inopportunità), si ritirano in cerca di altri svaghi, raccontando tutte in contemporanea, e sempre guardandosi attorno per vedere se qualcuno le guarda, fantasiose storie di quando: «… io allora ho fatto così e non avevo visto lui che…», «… allora si sono guardati e io… mhhhh, che figuraaaa!», «… e lui mi stava sempre guardando, e io, ma cosa cazzo ha da guardare, e lui allora è diventato rooosssooo…».
Poi a qualcuna squilla il cellulare: «… o Katiusciaaaaa, ma dove gazzu sei??? Noi ancora ai candeGlieriii, gua', poi ti racconto, troppo forteeee, Jessica ha fatto certe figure di merdaa...» E Jessica, di rimando: «Ma vaffanculo, stronza, io veeerooooo ahahah ajo Katiusciaa vieniiii».
Sì, e coccodé.