Nel mare magnum dell’editoria, tutto ruota attorno alla figura dell’editore: ce ne sono alcuni poco onesti, per non dire esplicitamente disonesti, cui poco importa della letteratura e delle opere che mettono in circolo; opere che il più delle volte nemmeno ci arrivano in libreria e, quando ci arrivano, spesso occupano indebitamente scaffali a discapito di altri testi più interessanti ma con meno “spendibilità”, ossia con meno forza distributiva, scritti da penne non conosciute e con tematiche nettamente più elevate.
L’editore è il perno di tutto. Sì, certo, c’è anche l’autore che vuole pubblicare a tutti i costi (ossia che vuole vedere a tutti i costi il proprio nome sulla copertina di qualche libro), ma chi contribuisce alla deforestazione dando corpo a prodotti editoriali che andrebbero bene, forse, per la stufa, ha la colpa maggiore.
Si sono venuti a creare dei binomi perversi di tipo editore/autore, in cui l’elemento “autore” rischia di avere sempre la peggio: si va dagli editori che previo pagamento di laute somme pubblicano qualsiasi cosa, senza, poi supportare l’autore nella promozione e nella diffusione dell’opera (ossia sbolognandogli a casa centinaia di copie che chissà che fine faranno), agli editori che non pagano le royalties sulle vendite spettanti agli autori (infischiandosene dei contratti editoriali) e via di seguito.
C’è anche la formula dell’autopubblicazione, ossia la possibilità di stampare autonomamente le proprie opere e di metterle in vendita sui vari siti di vendita online specializzati. Questo sistema però è sottratto da ogni forma di controllo e valutazione dei testi (grammatica di base compresa), quindi, un po’ come per le case editrici a pagamento, c’è il rischio di mettere in circolazione spazzatura editoriale.
Ho aperto il mio blog (questo, appunto), sotto forma di Bettola proprio per stanare ed evidenziare queste storture che vanno, di fatto, a danneggiare l’editoria sana, in funzione del dio denaro..
Per non parlare del mondo dei concorsi letterari, un altro terreno minato che merita un discorso a sé, in cui trovare qualcosa di valido è davvero un’impresa ardua.
La buona editoria esiste, certo che esiste, ma spesso sta nelle nicchie o capita per le mani di piccoli e seri editori, lontana dai grandi nomi – quelli che riempiono le piazze, per dire, di gente che gabella la fuffa per stile di pensiero – oppure dai grandi gruppi editoriali (che investono, appunto, solo sui grandi nomi).
Poi ultimamente ho notate anche un singolare connubio, ossia editore più autore che si producono in stravaganti performance pubbliche il cui delirante scopo, se non ho capito male, sarebbe quello di dimostrare al mondo quanto sono “superiori”. Ad esempio, se una persona contraddice l’autore, questo subito gli fa una poesia giocando sul nome, un po’ come quando all’asilo ci prendevamo in giro con improvvisate canzonette sul nome e sul cognome, oppure lo attacca – esplicitamente spalleggiato dall’editore – con violenza a mo’ di bullo pubblicamente sui social, magari travisando ed esagerando qualche notizia trovata in giro per il web.
Questa curiosa novità binomialditoriale, che non avevo mai notato, è dedita anche al dossieraggio più spietato, ossia alla raccolta di notizie private personali da usare a mo’ di ricatto per dissuadere eventuali detrattori, per non parlare delle pubblicazioni che questo simpatico duetto negli ultimi tempi sforna, usando materiale altrui e contro l’esplicita volontà del legittimo proprietario di tale materiale (sembrerebbe una forma elegante di plagio) e dire che la qualità generale delle opere di questo editore, fatte salve rare eccezioni, non era male. Ma forse ci sono problemi irrisolti a monte.
Quest’ultimo binomio, secondo me, è molto simile alla più famosa coppia rana/scorpione.
Non è facile produrre buone opere, né è facile promuoverle e diffonderle, come peraltro è difficile decidere a priori cosa si intenda per buone opere, basti pensare che Dante Alighieri è rimasto nel dimenticatoio per oltre trecento anni. Un valido aiuto per decidere quanto un’opera possa valere è dato dai critici letterari e dai recensori perché, sia chiaro, recensire un’opera, anche in negativo, se se ne hanno gli strumenti, è un obbligo e, più in generale, è un obbligo anche denunciare le storture e le cialtronerie che infestano il mondo editoriale. Ma anche sulle recensioni ci sarebbe da fare un discorso a parte.