Per uno scrittore spesso la tentazione è forte: partecipare ai concorsi letterari.
Sì, ma ne vale la pena? In rete ci sono molti siti che pubblicizzano concorsi di ogni tipo, per (quasi) ogni penna e, soprattutto, per ogni tasca. La maggior parte di essi, infatti, prevede il pagamento di una “quota” più o meno abbordabile, a volte chiamata “diritti di segreteria”, altre “tassa di lettura” (come se la lettura fosse assoggettabile a una tassazione!) altre ancora più onestamente “quota di partecipazione”. Non è facile districarsi nella giungla dei concorsi letterari, però credo sia utile qualche piccola indicazione per non sprecare tempo, soldi e soprattutto arte.
Il contesto
In quale contesto viene organizzato il concorso? Ne vale la pena, ha una valenza sociale, letteraria o di altro tipo? Oppure è un concorso organizzato così, tanto per riempire qualche spazio o qualche tasca? Spesso si può capire il rilievo del concorso dal tema degli elaborati: quando questo tema è “libero”, ci si deve fermare un attimo a riflettere.
La quota di adesione
Nell’ottica del contest, si deve valutare l’opportunità della corresponsione della somma, ossia, in poche parole, si devono considerare le tasche nelle quali andranno a finire i soldi. Ci sono concorsi organizzati da associazioni che, di fatto, non servono a nulla, se non a organizzare concorsi per raggranellare soldi. Se la quota di partecipazione va, ad esempio, a qualche buona causa e gli organizzatori s’impegnano a fornire un rendiconto dettagliato, allora quel concorso può essere preso in considerazione. Si presti però attenzione ai concorsi organizzati in occasione di calamità naturali, può succedere che alle popolazioni bisognose arrivi – se arriva – una piccolissima parte dei sodi raggranellati perché la maggior parte è finita nelle tasche degli organizzatori, dei giurati, delle madrine, eccetera. In questi casi è meglio fare beneficenza direttamente.
Alcuni organizzatori chiedono addirittura che la quota di adesione sia inserita in contanti in una busta da spedire per posta non tracciabile assieme agli elaborati. È chiaro che queste richieste sono un po’ sospette…
Se poi la quota di partecipazione serve per pagare la location in cui si terrà la premiazione (è successo anche questo), allora è proprio il caso di desistere.
I premi
Ecco, il concetto di “concorso letterario” prevede, appunto, sia una partecipazione, sia uno o più premi, ossia dei vantaggi tangibili e materiali per il vincitore. Spesso però questi premi consistono in targhe, pergamene, attestati e medaglie “personalizzate” che, di fatto, non servono a nulla, se non a occupare spazi nei salotti e sulle pareti vuote di casa. Partecipare con un’opera artistica e ricevere in caso di vincita una pergamena, non ha assolutamente senso, a meno che quel concorso non abbia delle finalità umanitarie. Tali riconoscimenti non hanno valore alcuno, anzi spesso strappano anche qualche sorriso.
Altri concorsi prevedono la pubblicazione dei pezzi selezionati in antologie, cosiddette “condominiali”, ossia che non interessano a nessuno, se non, forse, a qualche amico di buon cuore e che se l‘autore vincitore ne vuole una copia deve anche pagarsela. Anche in questo caso, l’arte va a farsi friggere, perché alla fine ci ha guadagnato solo l’organizzatore del concorso.
In altri casi si “vince” la pubblicazione a opera di case editrici a pagamento, quindi non si capisce il senso di partecipare a un concorso in cui si vince una cosa che si avrebbe comunque pagando direttamente.
Una piccola attenzione va data anche al "tipo" di premio, ad esempio c'è un concorso che promette ai vincitori delle "onorificenze", senza sapere cosa siano (un giretto su Wikipedia non fa mai male) oppure confondendole con i "riconoscimenti".
La giuria
Spesso c’è un fiorire di dottori, professori e maestri, assolutamente sconosciuti ai più, che devono esaminare le opere, in altri casi la giuria è segreta e, forse, la sua composizione viene svelata solo dopo la premiazione. L’identità dei giurati deve essere invece sempre chiara, perché è diritto del concorrente sapere chi metterà le mani sulla propria opera che, non dimentichiamolo, è sacra. Se poi il verdetto è delegato ai “mi piace” su Facebook o ai commenti di qualche giuria popolare, è meglio lasciar perdere.
Il bando
Un'occhiatna a come è stato scritto il bando non fa mai male. Non sono infrequenti i bandi scritti letteralmente con i piedi, nello spregio più completo della sintassi e della grammatica. Forse un premio letterario meriterebbe un po' più di attenzione.
Certo, i concorsi seri esistono e sono organizzati da soggetti che hanno tutto l’interesse a far trionfare la letteratura e l’editoria, come ad esempio il Neri Pozza, il Nabokov, il Calvino e altri simili, che contribuiscono alla diffusione di opere di rilievo, ossia della cultura.
Quindi, una valutazione globale, se si vuole dare un senso alla partecipazione, è d’obbligo ogni qualvolta si decide di partecipare a un concorso. Oppure chiedere, sarò lieto di dire il mio parere a chiunque vorrà chiedermelo.