Questa casa editrice prevede, tanto per iniziare, anche una sezione denominata “pubblicazioni concorsuali”, dedicata alla “pubblicazione di lavori accademici e scientifici, consapevole del loro peso rilevante ai fini di una carriera accademica”. Ora, sorvoliamo sul senso del corsivo che ho appena scritto, ma il perché di quel “concorsuali” è difficile da capire, comunque andiamo avanti.
Questo soggetto editoriale organizza anche dei corsi e precisa che tali “corsi non pretendono di esaurirsi nel tempo a nostra disposizione, ma si propongono quale disamine il più complete e arricchenti possibile di ciò che verrà trattato”. Cosa vuol dire? Boh!
C’è comunque da dire che il termine arricchenti è una costante nella politica di questa ottima casa editrice, infatti lo troviamo anche nella presentazione del libro “La voce silenziosa, nr. 39” (… nella convinzione che il dibattito e l’apertura, l’ascolto di posizioni metodologiche apparentemente contrastanti possano essere per noi arricchenti), oltre che nella presentazione dei progetti rivolti alle scuole (Sempre più convinti del bisogno di far dialogare mondo editoriale e mondo scolastico, in virtù della creazione di un dialogo fecondo e arricchente per entrambe le parti…). In ordine ai corsi rivolti alle scuole si legge una curiosa affermazione: “… crediamo che l’incontro tra una giovane casa editrice e gli studenti attraverso i libri possa suscitare interessi nuovi, stimolando la curiosità e l’approfondimento di argomenti spesso di difficile trattazione.” Cosa vuol dire? Ri-Boh!
Veniamo al dunque, questa casa editrice organizza anche un corso per diventare autobiografi. Accedere al bando non è facilissimo, ma noi ce l’abbiamo fatta e lo abbiamo scaricato per voi qui. Vediamolo assieme (sorvolate sulla punteggiatura primaverile del bando, diamola per buona altrimenti non finiremmo mai. Come? La punteggiatura per una casa editrice dovrebbe essere la prima cosa? Adesso, per favore, non fate i pignoli!):
Workshop di scrittura e reading autobiografici. Raccontarsi è leggersi. L’autobiografia come forma di scrittura e occasione di pubblica oralità
La mia prima domanda è: perché? Un doppio perché. Il primo sta nella scelta del termine Workshop, di cui ho abbondantemente parlato QUI, poi mi chiedo anche: ma perché organizzare un corso simile? Ossia non solo su come scrivere un’autobiografia, ma anche su come declamarla in pubblico. A meno che non si abbia una vita spericolata da raccontare, si rischiano ortaggi e sedie volanti.
Che cosa vuol dire scrivere di sé per leggersi o per essere letti ad alta voce? Vuol dire pensare al racconto di sé come a un’occasione di confronto e di formazione collettivi. Vuol dire ritrovare l’emozione della scrittura concepita per essere letta e ascoltata
Eh certo, al mondo intero interessa sapere cose su di noi, quindi è bene prepararsi (a tutto).
Il workshop [e dàje con ‘sto workshop] metterà a disposizione dei partecipanti strumenti, metodi e mezzi espressivi necessari all’elaborazione di un racconto autobiografico pensato per la (pubblica) lettura. In questo modo potremo mostrare come il racconto, proprio a partire dall’esperienza personale, sia anche, e soprattutto, una costruzione creativa dello spazio sociale, come del resto notiamo avvenga già in parte con la condivisione del vissuto e del privato nell’ambito dei blog e dei social media.
Cosa vuol dire? Ri-Ri-Boh! Ma occhio ai pomodori e alle uova, ché sui social media è tutto diverso.
Sorvolo sul programma, però c’è un’ultima cosa che merita: il costo del corso:
Be’, che dire, accorrete numerosi e arricchenti.