La chiusura, dicevo, ha suscitato un coro unanime: “Tanto di droga si muore lo stesso, adesso i giovani andranno a drogarsi altrove, si tratta di una chiusura ipocrita, adesso ci saranno DUECENTO poti di lavoro in meno e altrettante persone in difficoltà”.
Sorvoliamo sul belato di sottofondo di queste frasi e andiamo a cercare le reazioni del proprietario del locale chiuso. Eccole, riportate con tanto di virgolettato dall’ANSA (e non si dica che si tratta di fonti “compiacenti” o bufalesche); c’è solo da rabbrividire, analizziamo assieme questo concentrato di cinismo becero.
Anzitutto si lamenta per la perdita economica, che si aggira sui due (DUE) milioni di euro, poi aggiunge: “… appena sarà possibile riaprire il Cocoricò mi adopererò per lanciare un messaggio e azioni concrete contro la droga".
Ah, ecco, be’, meglio tardi che mai, lanciarlo prima il messaggio sembrava brutto (assieme a un controllo più efficace), anche perché di certo nessuno di quei DUECENTO addetti si era accorto che là dentro - in quel locale storico, mica aperto da poco - si spacciava. Erano certi che si scambiassero francobolli e monete nuragiche di contrabbando.
Un esercizio che ha un giro di soldi così elevato mica si può anche preoccupare di fare una campagna per un divertimento sano, ci mancherebbe. A onor del vero il Signor Cocoricò qualcosina l’ha fatta: tempo fa ha chiesto “… nel corso di un'iniziativa parlamentare, di approvare una normativa che prevedesse l'applicazione di un Daspo per chi avesse spacciato o usato droghe e l'utilizzo di un tampone all'ingresso dei locali per verificare che gli avventori non avessero già assunto droghe".
Capito lo sforzo? Un maligno penserebbe a un comodo tentativo di lavarsi la coscienza, anche perché, primo: chi spaccia ha delle conseguenze ben peggiori del DASPO (parola tanto usata, quanto abusata); secondo: loro stessi potrebbero inibire l’ingresso a chi è sotto l’effetto di alcol o sostanze stupefacenti, ma non lo fanno, ebbe' certo, tocca al Parlamento, mica a loro. Loro al massimo propongono. E contano i soldi, leggete qui quanto costa una seratina.
Ma il delirio continua, il Signor Cocoricò si dice amareggiato del fatto "... che un ragazzo, come è successo tempo fa (che ha rischiato di perdere il fegato per l'assunzione di ecstasy) sia risultato mediaticamente meno grave rispetto ad uno stesso caso occorso al Cocoricò.”
Capito? Sì, avete capito bene. Si dispiace che la notizia della morte di un sedicenne (sotto lo sguardo attento di DUECENTO DIPENDENTI) sia stata reputata più grave del malore che ha colpito un altro ragazzo, che invece non è morto. Ma tu guarda la gente quanto è cattiva! Ma tu guarda quanto la stampa ce l'ha contro il povero, innocente, Cocoricò, tanto da indurre la Legge a intervenire!
Le reazioni pecoresche alla chiusura sono il frutto di quell'ignoranza funzionale che, purtroppo, accompagna l'avvento dei social: nessuno si preoccupa di approfondire meglio le questioni, dando briglia sciolta a ciò che dice il cervello.
Non credo ci sia altro da aggiungere a certi comunicati che rendono l’idea di quanto il denaro possa giustificare tutto, compreso il cinismo. Forse, lo ammetto, 120 giorni sono troppi, lo deciderà il TAR cui prontamente la proprietà si è rivolta, ma spero che l’indagine penale nata a seguito di questa morte faccia un po’ di luce in questo strano caso. Luce naturale intendo, non stroboscopica.