Vedete l'immagine qui accanto, è un'opera del mio amico Salvatore Palita, ispirata alle Città invisibili di Italo Calvino.
Ve lo dico perché oggi vorrei parlarvi di un’occasione fantastica per diventare famosi: il premio Calvino.
Un premio prestigiosissimo, organizzato da un’Associazione che non ha scopo di lucro e con il sostegno di tanti di quegli Enti che la metà basta, guardate qui sotto. Avete memorizzato non ha scopo di lucro e sostegno? Bene, andiamo avanti.
Ora, perché siano state escluse le povere case editrici tradizionali e free a favore di quelle a pagamento è un mistero, ma non sottilizziamo, che il bello deve ancora venire.
Una cosa fondamentale è che l’autore NON deve essere rappresentato da un agente letterario di nessun tipo e deve mantenersi libero fino alla data della premiazione, ossia non deve avere stipulato alcun contratto di rappresentanza con chicchessia. E anche qui, noi poveri aspiranti famosi, restiamo un po’ perplessi, non possiamo fare a meno di pensare che tutte queste regole sembrano un po’ strane per un’associazione che si prefigge di “rivolgersi agli scrittori esordienti e inediti [oppure editi a pagamento!], per i quali non è facile trovare il contatto con il pubblico e con le case editrici”.
Comunque ne vale la pena, il vincitore riceve una bella sommetta di denaro, mentre gli altri sapete cosa?
Anzitutto tutti gli autori ricevono una valutazione della propria opera, redatta grazie alle indicazioni tecniche e stilistiche fornite dalla scheda di lettura. Scheda molto approfondita e di cui in giro si dice proprio un gran bene, roba fina, ehh (qui e qui).
Ma non basta, vincono anche l’opportunità di farsi rappresentare da un agente! Quale? Ma dall’intera associazione che organizza il premio, ovvio! Sì, da quella no profit che ha il sostegno di gran nomi. Ovviamente si vince anche l’obbligo di pagare l’Associazione per questa magnanimità, solo un piccolo 5% su ogni introito. Introito che, essendo l’Associazione no profit, a chi andrà? Boh ma, si sa, i soldi al giorno d'oggi non bastano mai. Tutto costa.
“Ma come, è un’opportunità! Non è un premio!” dirà qualcuno. Be’, certo, un’opportunità di cui NON SI FA CENNO ALCUNO NEL BANDO e che funge da vero e proprio filtro, visto che i partecipanti NON devono essere rappresentati da un agente, pena la squalifica.
Questa rappresentanza verrà stipulata sotto forma di scrittura privata valida per almeno un anno, tacitamente rinnovabile, e io trovo tutto ciò abbastanza poco chiaro. Poi, per carità, se non volete, liberissimi di rifiutare, ma io non lo chiamerei più “Premio Calvino” bensì “Bando per ottenere validi agenti letterari”, ché di calviniamo mi pare ci sia più nulla. Come? Dal Calvino sono emerse grandi penne? E quindi? Ciò vuol dire che i collaboratori sono in gamba e lungimiranti, certo, ma la sostanza non cambia.
Insomma non posso fare a meno di chiedermi se le alte parole del Signor Vice presidente Mario Marchetti, laddove afferma “un compito non facile il nostro, che esige di essere insieme partecipi e critici, atteggiamenti che paiono in contrasto, ma che nella sostanza non lo sono: dare piena fiducia al testo senza venir meno al ruolo che ci compete di scoperta e di giudizio” possano essere completate da “nonché di ottimi agenti letterari, invisibili al pari delle città Calviniane.
Riprendo una considerazione letta su Bookblister: ma i grandissimi nomi chiamati a promuovere l’iniziativa e a far parte della giuria, sapranno tutto ciò (ossia che non è solo un premio, ma anche uno scouting per piazzare contratti di rappresentanza), oppure l'è tutt'un un brulichio culturale? Ma gli altri soggetti che vengono a contatto con questo Premio/Bando perché devono sentirsi in imbarazzo, come ad esempio Daniele Pinna, dell’agenzia letteraria Kalama? Ma cos'è, una cosa segreta, una Cosmicomica, una cosa di cui vergognarsi o cosa?
Ricordate però le parole sempre del signor Vice Presidente Marchetti: “col Premio Calvino non ci si limita a premiare, ma creare uno spazio che permetta l’emersione del nuovo, che metta in contatto scrittori, critici, addetti ai lavori, appassionati, che faccia crescere un discorso, che permetta scambi di idee, conoscenze esternamente alla macchina editoriale, anche se parallelamente ad essa e non in conflitto con essa”, al fine di “individuare l’oro sparso nel materiale roccioso in cui è immerso, da cui talora è anche sommerso.”
Ecco, l’oro nella roccia, certo.