Torno a parlare di letteratura giudiziaria, ché ho trovato roba interessante.
L’ho già fatto qui in maniera generale, ma oggi voglio analizzare delle dichiarazioni stupende, praticamente un faro per il popolo ignorante e bue.
Il fatto di partenza è drammatico: nel 2007 un detenuto venne trovato morto nella sua cella del carcere di Sassari. La vittima poco prima di morire aveva scritto una lettera all’allora Signor Procuratore Capo della Repubblica di Sassari – oggi in pensione, che aveva l’ufficio a circa cento metri in linea d’aria da quella cella e da tutti ritenuto una persona dagli altissimi capisaldi morali –, purtroppo però quella missiva, pur essendo partita regolarmente, non arrivò mai a destinazione. Ciò comunque non ha preoccupato nessuno di coloro che hanno scoperto il cadavere, ma figuriamoci, sono cose che capitano, a voglia le lettere che si perdono! Un giornalista scrisse un articoletto su questa vicenda e l’allora Procuratore (quello che NON ricevette la lettera) si sentì davvero toccato e replicò in tono duro per difendere la sua reputazione.
Ma va ben dettagli, il tutto venne archiviato come suicidio e tanti saluti.
[Oh, potrei portare anche io, personalmente, la testimonianza di altre cosette perse in quella Procura negli anni ’90 o di plichi contenenti droga che venivano addebitati in maniera come dire, disinvolta, a gente che non c’entrava, ma non è questa la sede.]
Dopo qualche tempo, una persona, tra la sorpresa – e il disappunto – generale si autoaccusò davanti alla Direzione Distrettuale Antimafia di quella morte, precisando di avere commesso l’omicidio su ordine di un altro detenuto con la complicità di altre persone, tra le quali anche un agente di custodia, che gli avrebbe aperto la porta della cella.
Il Tribunale di Cagliari appioppò al reo confesso quattordici anni di reclusione, mentre le persone citate come complici sono state tutte assolte dalla Corte d'Assise di Sassari (ora, perché questi fatti siano stati giudicati in due diverse sedi, distanti tra di esse oltre 200 km, è difficile da comprendere, sebbene sia del tutto lecito, ma va ben).
Un piccolo inciso, il Signor Procuratore Capo (quello oramai in pensione che NON ricevette la lettera della vittima), ritualmente interrogato, disse: «Escludo in maniera categorica di averla ricevuta, me ne sarei ricordato».
Be’, certo, mica l’avrebbe allegata agli atti o al fascicolo personale del detenuto o messa a disposizione degli inquirenti, no, ma cosa, lui l’avrebbe ricordata.
Quindi la vicenda presenta tre belle verità giudiziarie: una che parla di suicidio, una che parla di omicidio confessato (e condannato) e una che sbugiarda il reo confesso, visto che i presunti complici sono stati tutti assolti. Che bellezza, nevvero? Che efficacia ‘sta giustizia! Sembra la trama di un’opera Kafkapirandelliana.
Prima di continuare, io, misero rappresentante del popolo bue e ignorante, mi chiedo quali cavolo di accertamenti siano stati fatti per decidere che quel poveretto si era suicidato, visto che da un’altra parte è emerso che invece è stato assassinato. E non ci troviamo in un salotto di gente annoiata o in una piazza, ma in un carcere, ossia in un posto supersorvegliato da professionisti dove – se non ho capito male – si dovrebbe cercare di rieducare i condannati. Ma non è finita.
Poi arriva l’ex presidente del Tribunale di Sassari, ora in pensione, a far chiarezza. Intervistato, dichiara, con estrema convinzione, che le tre decisioni non sono assolutamente in disaccordo, ma che bisogna solo aspettare i tre gradi di giudizio.
Ecco, bene, non c'è disaccordo.
Tenendo presente che due di queste tre verità sono orami giunte al capolinea (ossia quella del suicidio e quella dei 14 anni al reo confesso), mi chiedo: se il reo confesso è stato condannato e i suoi complici, compresa la guardia che gli avrebbe aperto la porta della cella, sono stati assolti, come ha fatto l’assassino (oramai quel reo confesso è l’assassino a tutti gli effetti) a entrare nella cella della povera vittima? È passato attraverso i muri? Come ha fatto ad arrivarci? Ha volato invisibile tra le grate della rotonda di San Sebastiano? Ma, ancora, se il giudice in pensione dà ragione ai giudici di Cagliari (la cui decisione è oramai definitiva) cosa ne pensa dei suoi colleghi di Sassari che invece certificarono un suicidio? Nulla, su quello non si esprime, no perché sarebbe bello sapere quali accertamenti sono stati fatti per decidere che si trattava di un suicidio. Però in pratica secondo lui hanno tutti ragione. Che roba lineare, nevvero?
Una preziosa analisi quella di questo magistrato in pensione, che in una sentenza riuscì a dimostrare l’esistenza di un’autovettura mai esistita (la Hyundai Pony) e che, nonostante un testimone avesse escluso con decisione la presenza di una ben precisa auto sul luogo di un delitto, lui invece saggiamente scrisse che invece l’auto c’era e che il testimone si era sbagliato.
Una preziosa analisi da parte di un signor Giudice – che tutti riconoscono aver guidato un Tribunale per anni con dedizione, serietà, preparazione e scrupolo – che, quando un avvocato gli fece presente il clamore mediatico di una vicenda che lui stava giudicando, disse lapidario – dopo che qualcuno diede a quell’avvocato che svolgeva onestamente il proprio lavoro del “petulante” –, che i giudici non leggono il giornale. Cosa voleva dire? Boh, non chiedetelo a me che sono un ignurant.
Che dire, la verità giudiziaria è peggio della teoria della relatività generale, la capiscono solo in pochi, però ci escono dei bei feuilleton e, se non fosse che coinvolgono destini e reputazioni, ci sarebbe un bel divertimento a leggerli. Almeno per capire, noi poveri cialtroni incompetenti, cosa significhi "verità giudiziaria" e ad avere fiducia nella Giustizia.