Terravision è il nome di una ditta di autolinee che cura il collegamento tra la Stazione di Roma Termini e gli aeroporti di Ciampino e Fiumicino.
Servirsi di questa "autolinea" è una delle cose più complicate e stressanti del mondo, roba da far scoppiare una rissa, vi racconto.
Faccio la fila sotto il sole per almeno 40 minuti, eppure la gente non è tantissima. Arrivo allo sportello dietro al quale ci sono due signorine. Mi rivolgo a una di loro e chiedo due biglietti. Questa mi chiede se voglio partire con il primo bus disponibile e io rispondo di sì. L’altra, accanto a lei, spalla a spalla, ci osserva muta. L'operazione dura almeno 5 minuti (e per emettere due biglietti sono molti), al termine dei quali la signorina, con tutta la calma e la flemma del mondo, mi consegna: un dépliant della Terravision, due biglietti e due scontrini, sui quali c’è scritto: ora di partenza 13:40. Sono le 13:14 (probabilmente non hanno aggiornato l'ora legale, perché sullo scontrino che mi rilasciano è indicato l'orario delle 12:14, quindi ho tutto il tempo.
Ritiro i biglietti e chiedo se posso andare direttamente al bus. La signorina mi dice: «Sì, sì, è lì fuori, lo vede?» E me lo indica, mentre la collega accanto a lei contempla interessata un punto sul soffitto.
Mentre mi domando a cosa serva l’altra impiegata – forse una praticante? – mi dirigo verso il bus – sul quale non c’è alcun cartello –. C'è già una fila e io mi accodo, poi vedo che all'inizio c'è una signorina che indossa la pettorina Terravision, allora esco dalla coda e la avvicino per chiederle se quel bus va a Ciampino, ossia se sono nella fila giusta, e le esibisco i miei biglietti. La signorina/sorvegliante, dopo averli esaminati, mi risponde piccata: «Tanto per cominciare la fila è lì! E poi non lo so!».
Cerco di mantenermi calmo e torno in fila, sotto il sole a picco, un caldo micidiale. Quando arriva il nostro turno (con me c'è anche mia moglie), la sorvegliante mi comunica perentoria che non possiamo salire. Stupito, e sempre mantenendomi calmo, chiedo spiegazioni e lei mi dice che non ho la carta d’imbarco. «Vada a fare la carta d’imbarco! È la regola!» ordina secca. Cado dalle nubi e le faccio presente che sul mo biglietto – quello che le avevo esibito poco prima – c’è l’orario e che la sua collega mi ha detto che potevo presentarmi direttamente lì! Nessuno mi aveva parlato di carta d'imbarco! «No», dice lei con un sorrisino beffardo, «non è proprio così, lei ora va dentro, salta la coda e si fa dare la carta d’imbarco, se vuole partire, altrimenti faccia come crede».
Inizio a innervosirmi, torno allo sportello, salto la coda e finalmente scopro a cosa serviva la tipa che fissava il soffitto: a consegnare le carte d’imbarco. Le chiedo quindi questa carta d’imbarco, ma quella risponde – annoiata – che purtroppo devo prendere il bus successivo, quello delle 14:10. Mi arrabbio e le ricordo che pochi attimi prima la sua collega mi ha fatto il biglietto per il bus delle 13:40 e mi ha detto che potevo andare dritto al bus! E che oltretutto lei era lì e di carta d’imbarco non me ne aveva parlato. L’altra collega (quella che mi ha fatto il biglietto) fa finta di non sentire. Insomma, fatto sta che mi dà, anzi mi lancia, ‘sta benedetta carta d’imbarco (un foglio di carta plastificato unto e bisunto, culla di tutti i germi del mondo). Torno in coda, sotto un sole sempre più cocente, ma, la sorvegliante, mi dice che purtroppo non posso partire perché il bus è pieno.
«MA COME. È PIENO??» Protesto a gran voce, «ma se mi avete fatto i biglietti adesso e mi avete anche imbarcato le valige! Poco fa lei mi ha visto il biglietto e mi ha mandato a fare la carta d'imbarco!!!!».
Infatti nel frattempo le mie valige sono state regolarmente caricate nel portabagagli dall'autista.
«È pieno!!» Replica la sorvegliante col tono imperioso di chi non ammette repliche.
Tutto ciò sotto un sole più che desertico.
«Bene», dico, «allora mi ridia i bagagli, avanti, partiamo con quello successivo». A quelle parole la sorvegliante si allontana ed entra in gioco l’autista: «Aho, no, no, dotto', oramai nun ze po’ più scarica' gnente, er portabagagli sta pieno, pe’ cercalli devo svota’ tutto». Dico che non me ne frega nulla, visto che non posso partire rivoglio i miei bagagli. L’autista insiste, cerca di blandirmi, dice che me li lascia a Ciampino e io posso andare a ritirarli nell’ufficio (quale, boh) quando voglio. Rispondo che esigo i miei bagagli. L’autista continua con le sue insistenze, vuole portare i miei bagagli a Ciampino anche in mia assenza: «Senta, me guardi bene 'nfaccia, je do 'a mia parola, nun se deve preoccupa', 'e valigge sue jee porto io ar sicuro, poi lei va a ritiralle quanno vole.» La sorvegliante nel frattempo torna e, mentre l'autista cerca di convincermi a lasciargli le mie valige, lei si osserva le unghie. Mi arrabbio a bestia: esigo i miei bagagli e coinvolgo la sorvegliante, la quale non mi si fila per niente, smette di guardarsi le unghie e inizia a scrutarsi le scarpe, poi si gira verso l’insegna del ristorante dietro il bus e la osserva con interesse.
Quando minaccio di chiamare i Carabinieri, l’autista – seccato oltre ogni misura – si convince ad aprire il portabagagli, cerca le mie valige e me le restituisce.
Non dico e non faccio nulla per non compromettermi, aspetto il bus successivo. Quando arriva, finalmente, posso salirci ma, anziché partire alle 14:10, parte alle 14:40 perché è mezzo vuoto e quindi si deve aspettare che si riempia. Meno male sono in anticipo e che la frizione del bus regge, visto che l’autista a ogni cambio marcia dà dei gran colpi alla leva del cambio: «Mo' te ce faccio entra’ io». Sorvolo sui commenti e sulle proteste degli altri viaggiatori.
Dire subito che oltre al volantino, al biglietto e allo scontrino serve anche la carta d’imbarco (e siamo su un bus, mica su un aerero) evidentemente è troppa fatica per tutti: sia per le impiegate allo sportello, sia per la sorvegliante della fila. Meglio emettere biglietti di continuo anche quando il bus è già pieno e i bagagli tutti sistemati nel portabagagli (e magari proporre ciò che è stato proposto a me).
Il perché di tutto ciò non l’ho capito, ci vorrebbe poco a dire SUBITO cosa si deve fare, anziché costringere a un andirivieni di questo genere i turisti che hanno la sventura di capitare da loro (e beccarsi continue lamentele), sembra quasi che facciano i tutto per allontanare la gente. E ciò non può essere casuale, né addebitabile a una semplice "inesperienza" del personale, non ci crederei.
Ho contato, su 83 persone che si sono rivolte alla sorvegliante, 80 rimandate indietro a prendere la carta d’imbarco. Ma porca paletta, possibile non si rendano conto che c’è gente che deve prendere l’aereo e rischia di perderlo? Perché negli altri aeroporti è diverso? Perché le impiegate passano il tempo a stampare fior di carte e non dicono l’unica cosa che il passeggero non sa: si deve prendere la carta d’imbarco. Perché danno biglietti anche quando sanno benissimo che quel bus è pieno?
Se poi volete approfondire un po’ di più e sentire cose interessanti su Terravision, leggete qui che bella esperienza, c’è gente che ne parla proprio bene, ehhhh. Soprattutto in ordine alla sicurezza dei mezzi.
Terravision: o cambi politica o spero che tu possa lasciare il posto a chi riesce a dare un servizio un po' migliore.