Ecco i suoi siti:
Studio Segno
Salvatore Palita
Ed ecco lui:
Ciao Salvatore, grazie per la disponibilità. Vado subito con la domanda di rito: puoi dirci nel minor numero di battute il maggior numero di cose su di te, gossip compresi?
Grazie a te Mario, grazie per l’interesse che dimostri per il mio lavoro. Di me posso dirti che ricordo d’aver sempre disegnato molto, mi esprimevo con matite e colori copiando di qua e di là e ne traevo soddisfazione, calma interiore; poi è arrivata la lettura, ho sempre letto tanto e di tutto, per me ricevere un libro era ed è ancora il più bel regalo. Mi sono diplomato all’Istituto d’Arte di Sassari, poi ho studiato Architettura a Firenze dal 1976 in poi. A Firenze mi sono appassionato al graphic design, alla grafica e alla pubblicità, passione che è diventata la mia professione dal 1984. Opero anche nel campo dell’illustrazione e della grafica pittorica. Sono un sognatore, credo ancora che sia possibile cambiare le cose dal basso, con lo studio, l’analisi, la consapevolezza, l’impegno e la partecipazione, per questo spendo le mie energie e lotto per l’indipendenza della Sardigna dall’Italia che considero uno stato coloniale. Oltre alle letture di saggi politici (che non sto qui a citare) gli scrittori che mi hanno formato sono: Calvino, Pessoa, Allende, Poe, Lovecraft, Philip Dick, Ray Bradbury, Asimov e molti fumetti, che colleziono al punto che mi considero un “esperto” di graphic novel (o romanzi a fumetti). Sono un appassionato di Cinema e la TV per me è divorare films fino allo sfinimento. Non ho “gossip” che mi riguardano da raccontarti, non penso ve ne siano e se ci sono non li conosco e “francamente me ne infischio”.
Il discorso sull’indipendentismo è interessante, ne riparleremo, prepàrati. Ci spieghi esattamente in cosa consiste il tuo lavoro e se hai degli ambiti precisi in cui ti muovi?
Come ho già accennato, svolgo l’attività di grafico dal 1984 e mi occupo di pubblicità e immagine. Dalla fine degli anni settanta in poi nei miei lavori di grafica pittorica, fondo foto, disegni, collages e testi, ispirandomi al movimento concettuale della “Narrative Art”, che a metà degli anni Settanta s’interrogava sul dualismo narrativo rappresentato dalle immagini e dalla scrittura.
Quali soddisfazioni ti dà?
Le soddisfazioni che ottengo non sono certo materiali, per me esprimermi col colore e il disegno è un bisogno interiore, che fa parte del mio vissuto, non potrei farne a meno. Certo, vorrei che la profondità, la complessità della mia ricerca artistica fosse apprezzata di più, ma sono consapevole che non è possibile. Spesso, troppo spesso, mi sento disarmato, fragile, non ho che “l’arma” del mio lavoro e quando trovo la forza di farlo, lo mostro agli altri, sperando che lo “riconoscano”, che ne comprendano l’onestà intellettuale.
Componi anche opere d’arte, quali tecniche usi?
Non so se i miei lavori possono essere definiti delle “opere d’arte”, lascio che siano altri a definirli, collocarli, catalogarli. La tecnica che uso, per realizzare i miei lavori di grafica pittorica, è abbastanza semplice: uso cartone liscio e pesante, lo preparo con un fondo acrilico bianco, su questo preparo lo sfondo che sarà il colore dominante “dell’opera” (la chiamo così per comodità), poi divido lo spazio in base alla regola dei terzi, che divide l’immagine in nove sezioni uguali, su questa gabbia costruisco il disegno e di passaggio in passaggio lo perfeziono giustapponendo figure, simboli e scrittura, precisandone i colori e i contorni, infine il cartone è incollato su un supporto rigido di un centimetro. Vorrei dire qualcosa sui testi che sono il “motore” di ogni mia opera, li trascrivo con caratteri diversi, sono parte integrante “dell’opera”. I testi possono essere di mia creazione o di autori che amo e che mi hanno stimolato a rappresentare visivamente le sensazioni nate dalla lettura dei loro libri, per questo ogni “opera” è un capitolo o una pagina di un libro più grande. La fine del libro sarà la fine della mia vita.
Ho avuto già modo di dirti che la tua opera dedicata a Kafka mi ha fatto cadere nella forma più grave della Sindrome di Stendhal, però non ti ho mai chiesto la tua versione di quell’opera e ora lo faccio: perché l’hai composta e perché proprio in quel (eccelso) modo?
L’illustrazione dedicata a Kafka è sostanzialmente un’allegoria, un sogno che immagino Franz abbia fatto. Tutto nasce dall’aver letto del suo rapporto conflittuale con le donne, partendo da questo spunto, ho inserito l’immagine di una donna “ideale” ispirata a Klimt (di cui cito una frase sulla verità legata a quell’immagine), forse quella di Klimt è la donna che Franz voleva incontrare? Forse Franz aveva paura della verità (odiava le donne)? Nell’allegoria ci sono anche dei simboli cabalistici, legati al mio viaggio a Praga, una full immersion nel mondo di Kafka, nella cultura ebraica, nei riti magici del golem, la visione del cimitero ebraico che è stata l’immagine che ho trovato più inquietante e affascinante a un tempo. Questi sono gli elementi, poi non so, il resto è venuto naturalmente.
Si dice in giro che hai partecipato a gare e premi, è vero? E se sì, quali?
Sì, a volte partecipo a qualche gara o premio, cercando di selezionare, ma credo che in generale siano un po’ deludenti. Fra i pochi che ricordo con piacere: la segnalazione al Primo Concorso Internazionale di Grafica Pittorica “Imaginaria 1992” Graphic Front-Tokio, Mostra a Milano; poi il secondo premio al Concorso Nazionale per una campagna pubblicitaria istituzionale “Informazione Pulita”, Sezione creativi/professionisti, Presidente Giuria: Nanni Loy (Todi, 1995); e il secondo premio, concorso "I luoghi Gramsciani" (2013 Ales). Per chi volese, ecco i link:
http://www.premioceleste.it/artista-ita/idu:42875/
http://www.artizily.com/utente/palita/
https://www.behance.net/Satore
https://www.facebook.com/pages/Salvatore-Palita-Illustratore-e-Grafico/242476105803974?fref=ts
Si dice anche – ed è vero, perché l’ho verificato di persona – che tu hai anche organizzato mostre d’arte. Quali impressioni ne hai tratto, ossia cosa pensi dell’accostamento dei proprietari delle location? E del pubblico? O meglio, quale percentuale di valenza ha la cultura?
Le poche mostre che ricordo con soddisfazione (senza offesa per le altre) sono la Mostra itinerante (organizzata con l’Associazione di Amicizia Italia Cuba) dal 4 ottobre al 22 novembre 1997 “Querida Presencia”, XXX anniversario Caida del Che (col fotografo cubano Fernandez), a Macomer, Sassari, Nuoro, Lula, Ollolai. Le location erano sempre all’altezza (penso in particolare alla Galleria Comunale di Nuoro) e soprattutto a Macomer, Nuoro, Lula e Ollolai ho ricevuto apprezzamenti da parte del pubblico, commoventi. Ricordo che ho regalato molti disegni e molti altri li ho venduti, ho dovuto aggiungere sempre dei nuovi lavori perché tutti volevano avere un ricordo di quell’evento.
Poi la mostra che ho allestito dopo due viaggi in Spagna: “Recuerdos de España”, che ha avuto ottima affluenza di pubblico (2010 Dada, Cafè Letterario, Sassari). Poi la “Selezione opere di Grafica Pittorica 1990-2011” allestita per aiutare gli amici di Odradek in difficoltà (2012 Odradek, Sassari). Poi la mostra “Le città Invisibili” di Italo Calvino-Illustrate da Salvatore Palita, Lette da Carlo Valle” (2013 Il Vecchio Mulino, Sassari) molto ben riuscita, grazie alla collaborazione di Carlo Valle, col quale l’abbiamo pensata.
E infine l’ultima, “SOGNI/DREAMS, nuove opere di grafica pittorica” (2013, Salotto delle Messaggerie Sarde, Sassari) della quale non sono soddisfatto per la scarsa affluenza di pubblico.
Per quanto riguarda il pubblico e la “valenza” della cultura a Sassari, credo che ci sia un pubblico sensibile all’arte in generale, ma che ci sia scarsità di spazi e scarsa sensibilità da parte delle amministrazioni all’arte e agli operatori artistici. Sarebbe ora che questa città avesse un assessore alla cultura che venga dal mondo dell’arte e che ne capisca qualcosa.
La tua compagna è una grande donna, poetessa e impegnata sia politicamente, sia socialmente. Trovate un modo per conciliare i vostri talenti?
Sì, conosco Luana dalla fine degli anni settanta del novecento, da molto tempo e confermo che è una donna inesauribile, che fin da quando ci siamo conosciuti, manifestava il suo impegno sociale e politico, e anche per questo ci siamo compresi e così continuiamo a fare; fra noi non c’è mai stata competizione e i nostri “talenti” si conciliano in modo naturale, senza forzature, forse uno di questi giorni faremo un lavoro che metterà in sinergia il mio e il suo lavoro.
Hai dei “maestri” o degli artisti cui ti ispiri?
Non ho dei veri e propri “maestri”, ma il mio desiderio di esprimermi ha preso forma e ispirazione dalla pop art che conobbi alla fine degli anni sessanta, da studente liceale, fu una folgorazione, un’esplosione creativa che utilizzava tecniche nuove e spaziava in ogni campo della comunicazione visiva. Ho iniziato così, cercando di trovare la mia cifra espressiva. Non so se ci sono riuscito.
E ora una domanda da centomilamilioni di dollari: cosa pensi dell’arte grafica e pittorica, ossia come mai ti sei dedicato proprio a quella?
Non so, è difficile rispondere, per me è una ricerca espressiva la creazione di un mio meta linguaggio, un modo, forse confuso, per comunicare ciò che si agita dentro di me, poi il risultato è quello che è, non mi è chiaro, ma mi libera, forse ti ho già risposto prima: ho necessità di farlo, e se non ci riesco, devo andare in analisi (come ho già fatto e continuo a fare), perché dentro sento un pentolone che ribolle, che sta per esplodere e non lo fa.
Cosa pensi dello stato dell’arte grafica e pittorica in Sardegna?
Dell’arte pittorica non so, non mi sento di esprimere un giudizio, lascio ad altri più esperti di me l’arduo compito. Aproposito di arte grafico ho avuto modo di dire la mia nel 1991 sulla Rivista di teoria e metodologia GRAFICA edita dall’AIAP (associazione Italiana Creativi Comunicazione Visiva) con un articolo di nove pagine più quattro di bibliografia, chi è interessato lo può leggere a qui.
Hai dei progetti nel cassetto?
Molti, tanti che non so se riuscirò a portarli a termine. Non voglio svelarli, li scoprirai quando saranno pronti.
Bene Salvatore, allora noi aspettiamo. No, non è una minaccia. Forse.