Sarò talebano, pignolo, rompiscatole, polemico, provocatore e antico quanto volete, però un bando di concorso, ancorché letterario, secondo il mio modo di vedere, dovrebbe almeno dare una parvenza di cura e attenzione.
Ma andiamo a leggere.
[Si capisce, sorvolando su quello spazietto mancante, che si devono spedire delle lettere?]
[Quindi le volgarità sono accettate, purché non rivolte al prossimo?]
[Quindi non spedite tramite mail anonime, mi raccomando]
[La vedo solo io una virgola un po' anarchica?]
[Forse si voleva scrivere “Centro Congressi SGM”, ma non sottilizziamo, una volta in zona basterà chiedere]
I partecipanti all’evento, oltre all’attestato, potranno vedere le foto successivamente dell’evento stesso con loro protagonisti.
[Una constructio ad sensum avveniristica, per molti ma non per tutti. Ma l'attestato, quindi, i partecipanti lo potranno solo vedere? Non si era detto che sarebbe stato loro consegnato?]
Detto ciò, in cosa consistono i premi? Non è ben chiaro. La pubblicazione in antologia potrebbe, dico potrebbe, forse, costituire un premio solo se agli autori ne venissero anzitutto regalate alcune copie e poi se venissero riconosciute agli aventi diritto le royalties sulle vendite (visto che tale antologia sarà “divulgata”, oltre che pubblicata). Ma nulla di ciò è precisato nel bando, quindi, sempre partendo dall’idea che le parole hanno un peso, non dovrebbe essere neppure previsto.
Questo “concorso” è organizzato da una giornalista culturale di cui ci siamo già interessati in questa Bettola.
Bene. Buon itagliano ha tutti.