Non me ne vogliano gli amici e avventori che svolgono questa pregevole professione, però in rete ho trovato alcune cosette simpatiche e che secondo me rientrano nell'alveo della letteratura.
Come prima cosa, da più parti si auspica un certo bon ton tra colleghi. Ad esempio, quando si scrive per la prima volta a un collega, sarebbe opportuno concludere la missiva con una frase del tipo "lieto dell'incontro professionale". Ai colleghi ci si dovrebbe rivolgere con le parole "Egregio" o "Pregiato", mentre per le colleghe andrebbe "Gentile", ma nulla vieta i classici "Caro Collega" o "Cara Collega". Firmarsi facendo precedere il titolo "Avv." a nome e cognome, infine, non sempre è considerato elegante. Quando, poi, si comunica telefonicamente, il bon ton suggerisce di non farsi annunciare dalla segretaria, ma di chiamare direttamente. Se, poi, la telefonata la si riceve ma non si può rispondere, i puristi dell'educazione ritengono sempre consentita la "bugia bianca" da parte di chi risponde, ossia l'uso di "scuse" del tipo: "l'avvocato non è in studio" o "è in riunione" o, meglio ancora, "è impegnato sull'altra linea". In ogni caso, è buona educazione richiamare il prima possibile.
Per ciò che concerne le udienze nelle aule di giustizia, non è elegante presentarsi vestiti in maniera troppo disinvolta (a tal proposito vedi anche: "Avvocati: niente infradito e bermuda in tribunale" e "Arriva l'estate. Ma come ti svesti... in tribunale".
Sempre in tema di bon ton, una cosa proprio da non fare, e meno male che si è riunito il gota dei principi del foro a ricordarlo, è mettere la mano sul sedere di una collega durante le udienze in Tribunale. Lo avreste mai immaginato? A dire la verità, si legge nelle sentenze che hanno permesso di svelare al mondo questa insospettabile norma, nessuna legge o regolamento ha tipizzato tale condotta (cioè quella di mettere la mano sul sedere alle colleghe avvocatesse durante le udienze), però non è bello farlo. Be’, buono a sapersi, no? Almeno uno si regola.
Per completare il quadro sul bon ton, è bene precisare che su Facebook c’è il gruppo chiuso "Avvochic & choc (la moda nei tribunali)", con oltre 23mila iscritti, dove vengono pubblicate le foto dei peggio vestiti delle aule di giustizia, con due limiti fondamentali: i volti non devono essere visibili e l'aspetto fisico non può essere commentato. Tra i post se ne vedono di tutti i colori: dai completi tigrati, ai cappelli da cowboy, alle minigonne inguinali. Per non parlare dei look da alieni. Tutti possono condividere la propria esperienza iscrivendosi al gruppo: il regolamento dice che si possono fotografare avvocati, imputati, attori, convenuti, testimoni, familiari delle parti processuali o impiegati. Basta che siano vestiti in maniera chic (ovverosia particolarmente elegante) o in maniera choc (ovverosia trash). A partecipare alla "raccolta", quindi, non sono solo gli avvocati. Le foto non provengono solo dalle aule di giustizia italiane, ma anche da quelle del resto del mondo, del resto, il linguaggio delle immagini è un linguaggio universale!
C'è anche una specie di concorso: periodicamente la foto che ha ottenuto il maggior numero di "mi piace" vince il titolo di foto della settimana!
(Finché non arriverà qualche querela a qualcuno, immagino)
In barba al "Caro collega”, “Pregiata collega” e del “Lieto dell'incontro professionale”.
Appare anche il caso di precisare che, grazie a un utilissimo studio, si è scoperto che gli avvocati tradiscono molto meno di medici, infermieri e piloti, ma anche di ballerini e camerieri. Interessante, nevvero?
Infine, se per caso vi viene il sospetto che in mezzo a tantissimi bravi, preparati e competenti avvocati, ci possano essere delle capre, sappiate che c’è stato chi vi ha preceduto.