Una delle cose più belle che ho visto al Salone, ché di cose belle ce n’erano, non state a credere, è stata la maratona poetica organizzata da Centopagine e dalla Libreria 451, nella Sala Argento/Spazio Piemonte.
Si è trattato di un vero e proprio poetry slam (se c’è qualcuno che non sa cosa sia un p. s., può rimediare velocemente cliccando qui) con annesso gioco-intervista della Lettrice vis-à-vis Chiara Trevisan.
Oltretutto l’evento non solo era moderato da Laura Salvai, autrice di Per un’ora di nuoto, edito da Matisklo, ma uno dei performer era Carlo Molinaro, autore di Le cose stesse, anch’esso edito da Matisklo (e quando leggete Matisklo, state pur certi che andate sul sicuro, anche per ciò che riguarda la poesia).
Una poesia performativa, fresca, frizzante, mai banale.
Anzitutto chiariamo che si tratta di un’idea di Chiara Trevisan, la la lettrice vis-à-vis. Lei gira per le strade su una bicicletta cui è legato un carretto in cui ci sono dei foglietti che contengono delle frasi (il catalogo), tratte da libri più o meno famosi, italiani e non.
All’ospite che vuole sottoporsi al gioco (uno alla volta), propone la libera scelta di un elemento dal catalogo, cui segue, dopo una breve conversazione, la lettura della pagina da cui proviene quel frammento. Un po’ come (perdonate la banalità) scegliere le pagine del Libro delle risposte, ma in maniera decisamente più poetica e diretta.
Quasi due ore di balsamo. Bravi.
Ecco alcuni suoi pensieri. Certo che dopo avere assistito alla conferenza sui mezzi multimediali e interattivi di cui ho parlato qui, lo sconforto è più che condivisibile.
“Sono fondamentalmente due le considerazioni che mi sento di dover fare relativamente al Salone del Libro di Torino, la prima più specifica per quanto riguarda il digitale e la seconda più generale, sull'utilità che può avere un'iniziativa del genere nel 2014.
Da editore digitale mi è dispiaciuto parecchio che buona parte delle iniziative e delle idee dei miei colleghi siano rivolte principalmente a dispositivi ed innovazione tecnologica, concentrandosi sul contenitore e tralasciando completamente quello che dovrebbe essere, per un editore, il punto di massimo interesse e cioè il contenuto. Il campo dell'eBook è in piena innovazione e cambiamento, d'accordo, ma ridurre tutto il discorso all'"aggeggio tecnologico" non contribuisce certo ad una maggiore diffusione del digitale, semmai rischia di confinarlo in una nicchia di feticisti dell'ultimo modello di lettore, di autistici informatici, di patiti di innovazione, che con lo stesso entusiasmo col quale abbracciano una novità sono pronti ad abbandonarla per passare alla seguente.
Le possibilità offerte dal digitale per chi voglia fare editoria "tradizionale" (nel senso dei contenuti) e farla bene sono tante, tantissime, ma finché non si inizierà a parlare dei libri resterà un campo per pochi pionieri. Il punto da mettere bene in chiaro è che è il libro, indipendentemente dal supporto che lo ospita, a dover essere al centro dell'attenzione. Altrimenti sarebbe un po' come se una casa editrice cartacea puntasse tutto sul tipo di rilegatura, o sulla qualità della carta, invece che su quello che sulle pagine sta scritto.
Questo si collega alla seconda considerazione, quella più generale: non è che per quanto riguarda il cartaceo l'attenzione sia tutta sul libro, come ci si aspetterebbe da un evento che si chiama "Salone del Libro". Assomiglia di più ad un mercato che ad un salone, e lo stand in assoluto più frequentato è stato quello di una casa editrice che non conoscevo, mi pare che si chiami "Autogrill". Certo è necessario, per organizzare un evento che abbia una grossa risonanza, attirare il grande pubblico (che generalmente ai libri è poco o nulla interessato). Ma una volta attiratolo, bisognerebbe poi farlo interessare al cuore dell'evento, i libri appunto, cosa che invece mi pare non sia riuscita proprio al 100% e neanche al 50%. A questo punto, se è così palese che i libri non interessano (ed è quello che evidentemente pensano gli organizzatori, visto che hanno fatto di tutto tranne che attirare l'attenzione sui libri) non vedo quale senso ci sia nell'organizzare un evento chiamandolo "Salone del Libro". Se deve essere una fiera di umanità varia che lo sia, se deve essere l'appuntamento di punta della cultura libresca italiana c'è tanto da ripensare.”
Ecco, queste sono le cose che mi piacciono e che mi fanno stare bene.