Sì, c’erano anche lo Stand della Regione Sardegna e dell’AES, Associazione Editori Sardi, ma… c’è un ma: nello Stand istituzionale della Regione Sardegna non si potevano vendere libri. Eh, vuolsi così colà dove si puote.
A onor del vero, i libri potevano essere venduti nello stand dell'AES (Associazione Editori Sardi), e di più non dimandare.
Nella foto del collega Andrea Deiana si può vedere come sono stati utilizzati gli scaffali: per poggiare una Coca-Cola. Almeno sono serviti a qualcosa. Sul punto, vorrei riportare le parole dell’amico Pier Bruno Cosso, pubblicate sul blog “Tottus in pari”, di Massimiliano Perlato.
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“Quest’ultima è stata tra le più ricche edizioni del Salone internazionale del Libro di Torino. E la Sardegna? Ricche di interesse, di pubblico, di espositori, di appassionati, di operatori, ricche insomma, di libri, di quell’oggetto che va dalla mente al cuore. E la Sardegna? Ricche, dicevo, di quello scrigno di carta che si chiama libro dove dentro ci sono storie, emozioni, e pensieri per pensare. E la Regione Sardegna, c’era? Certo la Regione Sardegna c’era, e ha stupito tutti facendosi notare con lo stand più desolato di sempre.
È diventata tristemente famosa sui Social la foto del bellissimo scaffale vuoto, anzi con una bottiglietta di Coca cola abbandonata lì da qualcuno perché intanto non c’era niente. Il contenitore per la plastica usata più costoso al mondo.
Sentiamo chi promuove la cultura per mestiere, Aldo Addis, libraio di Sassari, vicepresidente dell’ALI (Associazione Librai Italiani), nonché direttore della Scuola Librai Italiani: «Se si pensa di promuovere l’editoria sarda con uno stand miseramente arredato con qualche decina di libri esposti male siamo di fronte a decisioni prese da persone totalmente inadeguate a gestire queste cose».
Ma non basta, perché quel che è peggio che è si è deciso che nello spazio espositivo della nostra amministrazione regionale era vietato vendere libri. Vietato vendere libri?
Vietato vendere libri! Attentato, alla libertà, alla circolazione del pensiero. Non voglio capire, non voglio sapere; una frase così non può avere alcuna giustificazione al mondo. Almeno in quello libero dove girano le idee.
Vietato vendere libri? Alla vetrina più importante e qualificante d’Italia? Dove tutti hanno giustamente esposto, presentato e venduto, noi no. Sembra un ossimoro orribile: vietare il commercio della cosa più libera al mondo? È un controsenso già nella definizione.
Qualcuno ha osservato che sarebbe fazioso far guadagnare la pagnotta ai vari operatori in un evento pubblico con finanziamenti pubblici. Dove forse ci si dovrebbe attenere a un mero “promuovere i libri”. «Ma promuovere i libri», ci dice sempre il nostro libraio vicepresidente, «significa anche venderli. E questo avviene nel rispetto della legge in tutti gli stand, anche quelli pubblici, all’interno del Salone di Torino».
Sarebbe una china davvero pericolosa, e chiediamo ancora ad Aldo Addis se, con la sua lunga esperienza nel mondo dei libri, ha mai visto un precedente simile a Torino: «Mai. Negli stand delle altre Regioni si vendono i libri tranquillamente. E negli anni passati si vendevano anche in quello sardo!».
Eppure una amministrazione regionale dovrebbe considerare la cultura come un settore importante in Sardegna, con le oltre trenta case editrici presenti al Salone, con una fantastica rete di librai che altre regioni ci invidiano, e con generazioni di scrittori apprezzati.
E se questo non fosse chiaro, allora perché andare al Salone Internazionale? Infatti sembrerebbe folle che la Regione Sardegna paghi un pacco di soldi per la “non” esposizione e per “non” dare una occasione preziosa ai vari editori, librai e scrittori della nostra Isola. Alla giunta non importa di loro? Hanno nel cuore Amazon? Se qualche mente illuminata ha pensato che fosse iniquo aprire un filo di ossigeno alla filiera del libro nella nostra Isola, allora perché spendere i soldi dei contribuenti per partecipare a un evento ritenuto inutile e criminogeno?
Spero che diano le opportune spiegazioni alla Corte dei Conti, se non a tutti noi.”