Ciao Luca, grazie per la disponibilità, partiamo subito con la domanda di rito: puoi dirci nel minor numero di battute, il maggior numero di cose su di te, gossip compresi?
Vivo a Torino, città in cui sono nato 34 anni fa. Amo la musica, la cucina, i libri, i viaggi. Sono stato batterista in alcuni gruppi con cui ho calcato i palchi di mezza Europa (senza vedere mai una lira, ovviamente) finché la cucina non ha preso il sopravvento. Da allora mi dedico a questa e alla mia famiglia. Ho una bimba di quasi 7 anni e una compagna che mi supporta e mi sopporta. Sono un creativo, mi piace scoprire cose sempre nuove e cercare di capire il perché delle cose senza fermarmi alla facciata. Sono introverso, qualcuno dice asociale, e mal sopporto chi passa il tempo a lamentarsi e a piangersi addosso cosi come i qualunquismi, le chiacchiere da bar e chi si prende troppo sul serio. Sono perfezionista sul lavoro, quasi maniacale, ma disordinato nella vita. Grossi gossip non ce ne sono e alcune cose appartengono più ad un passato “punk” che è meglio non raccontare, lo sai che gli “chef famosi” (come mi hai chiamato tu) devono dare un'immagine di sé seria e irraggiungibile.
Sono sempre stato un amante del cibo in tutte le sue forme, ma la professione è nata per caso una decina d'anni fa. Sono completamente autodidatta e continuo ogni giorno a cercare di migliorarmi e di crescere.
Ci spieghi come si deve rapportare uno chef con la cucina classica? Ci sono delle cose “sacre”, intoccabili, e altre invece “variabili”?
Ma guarda, io proprio per il fatto che tutto ciò che so fare l'ho dovuto imparare sulla mia pelle provando e riprovando, senza nessuno che mi spiegasse o mi indirizzasse, non ho schemi mentali o dogmi. Ho studiato su libri sacri come l'Artusi, passando da chef come Marchesi fino ad arrivare alla cucina scientifica e molecolare di Adrià e non escludendo nulla. Amo la conoscenza che sta alla base di tutte le cose. Sicuro la cucina classica non tramonterà mai, ma credo sia fondamentale che a questa si affianchi una maggiore coscienza scientifica. Secondo me uno chef non può più permettersi di buttare una bistecca sul fuoco senza sapere cosa avviene durante i processi di cottura. Deve conoscere la materia che manipola per riuscire a trarre il meglio dai suoi ingredienti in modo da poter servire un piatto al massimo delle sue potenzialità, sia dal punto di vista del sapore sia della salutarità.
Detto questo non c'è nulla di sacro tranne il rispetto per il cibo e il cliente.
C'è spazio per tutti i gusti e tutte le cucine e molti colleghi dovrebbero capire che sarebbe più utile collaborare tra noi o al massimo tacere invece di criticare sempre senza conoscere.
Hai mai ricevuto una “stroncatura” di un tuo piatto o di un tuo menù?
Mmmmm che io ricordi no anche perché io sono un giudice molto severo su me stesso. Poi ovviamente non a tutti può piacere ciò che faccio e le critiche costruttive sono sempre molto ben accette: permettono di migliorarmi e crescere.
Se poi invece vogliamo parlare delle stroncature di gente che confonde una burrata con un caprino allora tra me è molti miei amici chef potremmo scriverci dei romanzi epici
Uno chef dev’essere “completo” oppure può permettersi di trascurare alcune ricette, tipo i dolci o che ne so, le zuppe?
La cucina è talmente vasta che nessuno potrà mai essere completo. Dipende dalle esperienze che hai fatto, dal luogo in cui vivi, da un sacco di cose. Sicuramente bisogna saper fare un po' di tutto. Dopodiché nelle grosse brigate ognuno ha una mansione ben specifica, mentre nei piccoli ristoranti devi saper fare tutto. La pasticceria è ancora un discorso a parte. Sebbene ovviamente tutti dovrebbero saper fare qualcosa, solitamente nei ristoranti di un certo livello c'è la figura del pasticcere. Se invece vuoi sapere se io so fare tutto, allora ti dico di sì, faccio tutto io e se non so qualcosa vado a cercarmi sui libri e sul web le tecniche che mi mancano (non mi piace copiare le ricette degli altri). Quindi faccio antipasti, primi, secondi, zuppe, dolci, sparecchio i tavoli e a fine serata lavo anche il bagno.
Ci racconti la tua carriera?
Dopo aver conseguito il diploma di maturità scientifica ho cominciato a lavorare nella ristorazione in un locale di famiglia, in cui facevamo pizza al tegamino. Dopo alcuni anni io e mia mamma abbiamo deciso di sciogliere la società con i suoi fratelli e metterci in proprio, aprendo una pizzeria ristorante. Qui ho cominciato a occuparmi della gestione della cucina con l'aiuto di un cuoco con poca voglia di lavorare. Dopo quasi 2 anni, stufo di dovermi occupare di tutto io, di fare i menù, inventarmi piatti e star dietro ai capricci, ho deciso di occuparmi in prima persona della cucina. Passavo notti intere col locale chiuso a provare, studiare, sperimentare. Ho speso interi stipendi in libri e attrezzature e ingredienti, ma la mia cucina in breve tempo ha iniziato a essere notata oltre che dai clienti anche da alcuni “addetti ai lavori”. Ho partecipato ad alcune trasmissioni televisive locali e alcune nazionali come Gusto su Canale 5.
Nel 2011, complice anche dei gravi problemi di salute di mia mamma, abbiamo deciso di chiudere La Casamatta e io ho iniziato a sviluppare seriamente il mio progetto di cucina. Nel 2012 nasce iFood, un laboratorio gastronomico artigianale con cucina a vista in cui selezioni l'eccellenza dei produttori locali e non solo e dove propongo piatti di cucina creativa e tradizionale. Fondamentale il rapporto con il cliente che amo servire personalmente per raccontargli tutto ciò che c'è dietro la preparazione di un piatto, perché la cucina è amore. Ciò che faccio fortunatamente piace e sono sempre di più i gourmet che si affacciano al mio mondo. Come ho già detto, credo fortemente nell'importanza della collaborazione tra chef, produttori e tutti coloro che ruotano in questo mondo, cosi sempre più spesso vengo coinvolto in eventi. Ultimamente sono stato ospite della trasmissione Geo su Rai3, prossimamente su Gambero Rosso Channel, insegno cucina presso La città del gusto di Torino, ossia la scuola di cucina del Gambero Rosso, ho curato i catering della mostra d'arte contemporanea The Others e del capodanno delle QC Terme di Torino e ci sono molti progetti per i prossimi mesi. Insomma, fortunatamente riesco a divertirmi nel mio lavoro mentre non sopporto di stare fermo
Adesso dove sei e cosa fai?
Come dicevo prima ho questo piccolo localino con 20 coperti in Via San Domenico 4c a Torino, nel cuore storico della città. Cerco di trasmettere la mia passione attraverso i miei piatti e i miei menù che cambio mensilmente. Però ci sono grosse novità in arrivo che non vi posso svelare. Rimanete sintonizzati
Nella tua professione (o missione, come la definisci?) sono più le soddisfazioni, i sacrifici o i momenti di sconforto?
He he, sacrifici sicuramente tanti tanti, la vita di un cuoco è sacrificio. Vedi poco la famiglia, lavori quando gli altri si divertono, gli amici sono un ricordo lontano cosi come le feste e il riposo. Attimi di sconforto anche, soprattutto in un periodo come questo dove tra la crisi e vari problemi personali abbastanza pesanti spesso per ottenere 10 devi faticare per 100 e a volte ti chiedi quanto ne valga la pena. Però le soddisfazioni ci sono. Quando la gente esce dal locale col sorriso ringraziandoti della serata o trovi il tuo nome sulle guide dei migliori locali della città allora capisci che forse non è tutta fatica sprecata.
Nel panorama della cucina internazionale, qual è, oltre a quella italiana, quella cui ti senti più affine?
Io in realtà attingo un po' ovunque. Adoro le cucine etniche, i sapori speziati. Amo la cucina thailandese, quella messicana, quella indiana e stravedo per lo street food, i gusti popolari della tradizione. Mi piace molto l'approccio dei paesi nordici e la concezione giapponese del piatto come opera d'arte minimalista. In realtà ogni paese ha una cucina affascinante da cui prendere spunto
C’è un piatto o un menu cui sei più affezionato?
Non saprei. Ci sono piatti che mi hanno dato più soddisfazioni di altri, ma in realtà mi piace cambiare spesso. Fare le stesse ricette troppo a lungo (più di 1 mese) mi annoio e perdo interesse. Poi magari li ripropongo a distanza di 2 anni, ma selezionarne 1 o 2 diventa difficile. Posso dirti che la mia variazione di panna cotta in 3 consistenze è quello che forse è rimasto più nel cuore della gente e che sono stato costretto a tenere fisso in menù per parecchi anni.
Giri mai per locali al fine di "saggiare" la bravura degli altri, magari in incognito?
Quando ne ho la possibilità si ma non in incognito, perché mi piace parlare di cucina, confrontarmi e imparare dagli altri. Però più che per saggiare la bravura, direi per assaggiare la bravura. Non mi piacciono le competizioni e le invidie anche se spesso ti ci devi scontrare.
Veniamo al motivo che ci ha fatti conoscere: il Salone del libro di Torino. Com’è successo che ti ci sei trovato?
Mi hanno chiamato a spalmare la marmellata sul salame e fette biscottate e poi a immergerle nel minestrone... hahahahaha
Scherzi a parte io sono un divoratore di libri, cosi quando I ragazzi della casa editrice EDT (coloro che curano la guida dei migliori 100 locali di Torino su cui sono stato menzionato) mi hanno chiesto di fare uno show cooking per la presentazione del libro Hamburger all'italiana ho accetato con entusiasmo.
Qualche giorno dopo mi hanno chiamato i responsabili del Gambero Rosso chiedendomi se ero disponibile per uno show cooking con MonnyB, la cui registrazione sarà trasmessa prossimamente su Gambero Rosso Channel, e ovviamente ho accettato, dal momento che mi diverto un sacco a fare queste cose.
Poi una settimana prima dell'inizio del Salone, mi chiama Francesca Gonzales, food blogger, conduttrice e mille altre cose, e mi chiede se voglio affiancare Cristina Scateni nella presentazione del suo libro sullo slow cooking, ovvero le cotture lente, a bassa temperatura di cui sono un fervente sostenitore. E a quel punto ho pensato seriamente di mettere la tenda al Lingotto e trasferirmi li dato che oltretutto ero anche con le stampelle.
Chi è l’altro chef che appare nella foto assieme a te?
Si chiama Roberto Barale ed è un mio grande amico oltre che uno degli chef che preferisco in assoluto. In quei giorni aveva appena finito la stagione a Madonna di Campiglio ed era in attesa di partire per la Sardegna, e siccome io avevo serie difficoltà di deambulazione l'ho schiavizzato e l'ho fatto diventare il mio sous chef, portantino e tutto fare. È stato lui che mi ha segnalato la pagina del tuo blog dicendomi “guarda questa pagina, siamo diventati famosi” e ci siamo fatti 4 risate.
Comunque mi auguro di riuscire ad averlo nella mia squadra per i progetti futuri perché una persona di cui mi fido ciecamente.
La cucina è cultura, questo è innegabile, come si concilia la presenza di uno chef in una manifestazione come quella di Torino?
Ma guarda, su questo si potrebbe stare mesi a disquisire. Sicuramente ha un'attinenza con la presentazione dei libri.
La verità è che in questo momento la cucina gode di un'attenzione particolare, fa tendenza e tira gente. Per mantenere su una struttura come quella del salone del libro, i cui costi sono esorbitanti, è necessario avere sponsor ed eventi di richiamo. Può piacere o non piacere ma alla fine non credo sia un grosso problema. Nessuno ti insegue obbligandoti a comprare prosciutti o quant’altro quindi se ti piace ti fermi (ed obbiettivamente l'affluenza è stata molto alta) se no tiri dritto e via.
Però io ho conosciuto persone e trovato chicche che difficilmente avrei scoperto, quindi se per avere la qualità devo passare in mezzo a qualche banchetto di senape o di gadegt calcistici (che io detesto) la cosa non mi crea nessun problema.
Che differenza c’è, se c’è, tra il termine “cuoco” e “chef”?
Se fossi un purista ti direi che per essere chef devi avere il titolo di studio, l'esperienza, la brigata e bla bla bla. Ma siccome io sono insofferente alle gerarchie di qualsiasi tipo, penso che il rispetto venga prima di tutto al di là del “grado che porti sulle mostrine”, e che per arrivare dove sono ora (non che sia chissà dove, intendiamoci) mi sono fato un culo nero (perdonami il francesismo) ti dico che oggi dire chef fa figo e quindi me ne approprio
Come ti poni nei confronti della “nouvelle cuisine”?
Ne adoro la concezione del piatto come opera d'arte che coinvolge anche gli altri sensi, oltre il gusto. Amo la cura e l'amore che si nasconde dietro ogni portata. Detesto le porzioni da fame! Da un ristorante devo uscire appagato in tutti i sensi, anche nello stomaco. Quello che cerco di fare io è proprio questo: materie prime di altissima qualità, cura del piatto, prezzi onesti e soddisfare il cliente che non deve andare a mangiarsi panino e salsiccia quando esce dal ristorante.
E della “cucina molecolare”?
Qui si dovrebbe aprire un altro discorso. Cos'è la cucina molecolare? La cucina molecolare non esiste eppure è tutto cucina molecolare. La maionese è cucina molecolare, un’emulsione di due sostanze che in natura non potrebbero stare insieme.
La cucina molecolare ha avuto il grande pregio di portare la scienza in cucina, di studiare cosa avviene a livello microscopico negli alimenti durante la cottura e la trasformazione. Questa applicazione non può che migliorare il risultato finale dal punto di vista qualitativo, oltre che del gusto. Ha aperto un nuovo mondo che molti faticano a vedere, soprattutto in Italia, dove siamo ancorati a tradizioni e convinzioni dure a morire anche se completamente errate. Siamo talmente convinti di essere i migliori che non ci accorgiamo che tutti quanti ci stanno superando e non ci prendono più sul serio. Lasciamo perdere la parte spettacolare della cucina molecolare che può piacere o meno, ma rendiamoci conto che la scienza potrebbe essere il più grande alleato della cucina tradizionale. Il sapere perché succedono le cose e non limitarsi al semplice si è sempre fatto può solo migliorare gli standard qualitativi. Sapere che un alimento a una certa temperatura sviluppa sostanze dannose e avere un alternativa sana, più gustosa e pratica, può portare solo vantaggi a chi fa il nostro lavoro e a chi mangia alle nostre tavole. Bisogna aprire la mente e cercare di conoscere prima di dire no a prescindere, senza farsi trasportare dalla falsa informazione. Mi fermo qui perché sto divagando. È un argomento talmente vasto e delicato che non basterebbero pagine per arrivare a una conclusione.
Spesso si vedono dei piatti composti in maniera artistica, cosa ne pensi dell’”impiattamento”?
Dipende da cosa mangi e da dove lo mangi. Sicuramente un piatto ben presentato appaga di più di uno buttato alla come capita.
In TV impazzano i programmi di cucina, cosa ne pensi? Li segui? Trovi errori o superficialità?
Penso che ce ne siano troppi. Non li seguo perché non guardo la tv, ma da quel poco che ho visto alcuni sono interessanti e molti indegni, finti, banali o semplicemente brutti. Tuttavia checché se ne dica, negli ultimi anni si è alzato notevolmente il livello di attenzione della gente a cosa mette nel piatto, l'offerta qualitativa dei locali si è alzata e c'è più consapevolezza sul prodotto e sul suo valore e questo in parte è anche merito della tv. Poi, solito discorso, non mi interessa e non guardo ciò che fanno gli altri, non mi tocca. Certo è che molti sono lontani anni luce da quella che è la realtà delle cucine professionali e dei sacrifici che il nostro mestiere esige in termini di tempo, affetti e salute.
E dei relativi libri, che ne pensi?
Amo i libri e non faccio eccezioni su quelli di cucina. Ne ho oltre 300 di tutti i tipi. Mi piacciono quelli con le foto belle e le pagine lucide. Sono un feticista della carta e poi sono sicuramente più affidabili, professionali e realisti (in linea di massima, non sempre) rispetto alla marea di roba pessima e scopiazzata male che trovi sul web
Senza voler fare pubblicità, che ne pensi dell’Artusi?
L'Artusi è storia, è il libro che tutti devono avere più per valore storico che pratico. I libri di cucina di una volta dove le dosi andavano a occhio ma le ricette erano quasi poesia.
Quale libro di cucina regaleresti per fare bella figura?
Quello che prima o poi scriverò io; sai che bella figura dopo che per anni ho detto che è allo stato embrionale finalmente potrò dire ce l'ho fatta!!!
Ci regali una ricetta veloce, sfiziosa e raffinata?
Panna cotta al Parmigiano con salmone selvaggio, guacamole e cren
Ingredienti X 6 persone
Per la panna cotta:
600 ml di panna liquida
200 g di Parmigiano fresco grattugiato
15 g di gelatina in fogli
Per la salsa guacamole
1 avocado maturo
1 cucchiaino di semi di cumino
1 cucchiaio di succo di limone
4/5 pomodorini datterini
2 fettine sottili di cipolla di Tropea
1/2 peperoncino fresco
Sale qb
Preparazione:
Mettere la gelatina in ammollo in acqua fredda.
Nel frattempo portare la panna liquida ad ebollizione, unirvi il Parmigiano grattugiato mescolando molto bene con una frusta.
Unire la gelatina ben strizzata e continuare l'ebollizione per un minuto.
Versare in coppette da portata e riporre in frigorifero per almeno un paio d'ore.
Preparate la salsa guacamole ponendo in frullatore l'avocado privato della pelle e del seme insieme a tutti gli altri ingredienti e frullare fino ad ottenere una crema densa e leggermente grossolana. Assaggiare ed eventualmente aggiustare di sale e limone.
Comporre il piatto mettendo un paio di fettine di salmone arrotolato a cono su ogni panna cotta. Affiancare una quenelle di guacamole e una di salsa cren. Decorare con dell'aneto e dei pistacchi
Se invece vuoi qualcosa di più veloce prendi una bella rapa, la sbucci, la tagli a fettine sottili, la condisci con un filo d'olio extravergine di quello buono e te la mangi! Uno spettacolo!!!
Grazie Luca per la disponibilità e per il tempo che ci hai regalato. Quando meno te lo aspetti piomberemo nel tuo locale torinese e, comunque, buon food.