Probabilmente la mia cialtroneria, col passare del tempo, diventa vieppiù ingestibile, però non cederò mai: i bandi dei concorsi letterari italiani devono essere scritti in maniera chiara e, soprattutto, in italiano. Che buffo doverlo precisare, nevvero?
Dico ciò perché se andiamo a vedere questo bando, dedicato a una grande poetessa, non possiamo che rimanere perplessi.
Tralasciamo l’impaginazione che grida vendetta, le maiuscole random e la punteggiatura sperimentale, ma non possiamo sorvolare sul resto.
Per prima cosa c’è da notare che alla “d) Sezione: Critica – Saggistica
Si può partecipare con un saggio, un articolo, una dissertazione critica di tipo scientifico, uno stralcio di una monografia o tesi di laurea…”
Ma cosa cappero è una “dissertazione critica di tipo scientifico”? Ma poi, “uno stralcio di una monografia?” Uno stralcio? Perché non tutta? Boh.
Comunque leggete (e cliccate) qui:
In queste poche righe è condensata la cura posta nella redazione del bando.
A parte la data entro la quale si devono spedire i lavori lasciata a piacere, a parte il mistero che aleggia sulla casa editrice che pubblicherà i lavori selezionati (di quale sezione, poi? Boh), non si capisce quali siano i premi in palio, né a chi potrebbero venire assegnati, visto che quando uno crede di avere capito, interviene la penultima riga a instillare dubbi terribili: ma se per le opere più meritevoli sono previsti "premi speciali", con quale metodo si deciderà a chi assegnare i premi "normali"? Premi sui quali oltretutto grava un mistero assoluto.
Ma continuiamo a leggere:
“I minori possono partecipare liberamente, purché accompagnati dalla firma dei genitori.”
Che cura, che finezza vero?
“Gli Autori possono partecipare a tutte e quattro le sezioni e per ciascuna sezione con una sola opera. Per ogni opera presentata e, nell’eventualità che lo stesso autore partecipi anche ad altre sezioni, le spese di segreteria saranno di 5 euro per ogni sezione ulteriore.”
Anche qui, che bell’italiano no? Che mancanza di sciatteria.
E se il bando è stato redatto con tale perizia e attenzione, non oso immaginare la cura che verrà profusa nell’esaminare le opere.
Ah, dimenticavo, ricordate che: “La consegna dei premi prevede necessariamente la presenza dell’autore vincitore, o suo delegato, in quanto i premi non verranno consegnati a domicilio, tranne i relativi diplomi, che potranno essere inviati previo pagamento delle spese di spedizione.” Quindi si presume che come premio ci sia anche qualche “relativo diploma”.
Sui diplomi mi sono già espresso qui, ma mi ripeto: “… Nell’uso moderno, attestato solenne di un’accademia, di un’autorità o di altro organo, con cui si accorda un privilegio, un titolo (d. di nobiltà, di onorificenza, di benemerenza, ecc.), o documento ufficiale che attesta il compimento di un determinato ordine di studî o il conseguimento di un’abilitazione professionale: d. di laurea, d. di maturità classica, ecc.; nel linguaggio corrente, anche il titolo stesso o l’abilitazione che col diploma vengono conferiti: conseguire il d. di ragioniere.”
Un diploma, quindi, è un documento che conferisce un’abilitazione, un titolo o un privilegio o una benemerenza ben precisa. È chiaro che esso dev’essere conferito da soggetti abilitati, non da chiunque, anche perché da detto diploma possono scaturire degli effetti giuridici ben precisi.
Detto ciò, non capisco l'utilità dei “diplomi” rilasciati in occasione di taluni concorsi letterari. Posso capire, con molto sforzo, gli “attestati” o le “targhe”, ancorché personalizzate (non si sa mai che ve le rubino), ma i diplomi davvero no.