Si tratta di un libello che contiene “100 meditazioni della vita offesa di lingua, letteratura ed editoria italiana”. Chi spera di leggere una difesa di quella “vita offesa” sbaglia, perché a ben vedere in queste pagine la lingua italiana viene offesa proditoriamente, se poi si considera che l’autore è lo stesso editore, l’offesa vale il triplo.
Sono pagine ispirate (pagina 8) alle “meditazioni della vita offesa” di “Minima Moralia”, del filosofo-sociologo ben più che francofortese T. W. Adorno. Sì, esatto, ben più che francofortese, cosa voglia dire non l’ho capito, però ci sta bene.
In tema di offesa della lingua, appare subito doveroso segnalare i puo’ al posto dei può, i perchè con accento controvento (c’è anche un perche muto d’accento e di pensier), l’articolo un apostrofato di fronte a termini maschili (un’ammontare, qualcun’altro), i sua/sue/suoi al posto di propria/proprie/propri, gli anni indicati con le ultime due cifre senza l’apostrofo (68, 77 anziché ’68, ‘77), i principi confusi con i princìpi, un bel “… sarebbe bastato un click se era roba da click!” e le altre delikatessen che mi hanno fatto scendere più di una laGrima.
L’autore, messo di fronte a questi errori, ha replicato con molta serietà che non sono assolutamente errori, bensì forme desuete e più che corrette, come sancirebbe il “Grande Dizionario della Lingua Italiana dell’ancora più grande Salvatore Battaglia, che è lo strumento principe del professionista della letteratura”, che lui possiede. No comment, mi asciugo un altro laGrimone.
Non mi soffermo sugli errori nelle citazioni straniere, né sulla completa inosservanza delle norme editoriali, tantomeno sulla punteggiatura sperimentale, e passo al merito.
Si tratta in buona sostanza di un panegirico – diviso in due parti, la prima delle quali chiamata teorema, completamente apodittica, tranchant e pretestuosa, basata su dati presi chissà dove, visto che manca ogni riferimento – dell’editoria a pagamento, intesa come unica e onnipotente salvatrice del mercato editoriale e della letteratura odierni, a loro volta messi a dura prova dai grandi gruppi editoriali che si ostinano, sempre secondo l’autore, a presentare opere straniere mal tradotte.
Una vera e propria ossessione quella dell’autore per i traduttori, tanto che a pagina 28 afferma: “La lingua delle traduzioni con cui l’oligopolio satura il mercato, alla faccia (smunta) dei madrelinguisti, è una lingua zoppa, zoppa del referente. E, quindi, inquina.”
Li reputa il male dell’editoria – sì, sorvolo anche su quel reiterato madrelinguisti – attuale, poi però per un attimo ci ripensa e a pagina 69 afferma: “Gli editori anglosassoni, a differenza degli italiani, cercano gli scrittori di madrelingua (inglese), non li evitano come gli editori italiani perchè costano ed è costoso promuoverli, a differenza dei mille Dan Brown e Ken Follett d’oltralpe o d’oltreoceano…”.
Boh.
Per non parlare di ciò che pensa degli editori free. A pagina 53 afferma, apodittico: “… editore cosiddetto non a pagamento, bravo buono e bello, in realtà spesso più orrendo degli altri … non sa lavorare sul testo, non ha una strategia e non conosce il mercato della letteratura italiana e nemmeno la sua funzione sociale in Italia, essere la fabbrica della lingua, e nemmeno culturale all’estero…”. Che ignorantoni i free, vero? Tutti incompetenti che sopravvivono chissà come solo per far del male agli EAP.
Di conseguenza, elenca le varie motivazioni per cui si deve pagare un editore:
(pagina 30 e seguenti) “Madrelinguista italiano: che fare? O rimette il suo romanzo nel cassetto, oppure paga.”; certo, chi ha pubblicato free è un marziano.
“Gli scrittori che pagano sono:
a)gente che vuole lasciare il proprio messaggio corretto, e che aggiunge al lavoro di costruzione dell'opera la spesa per la sua minima, tombale forse, ma corretta, rivendicata e difesa memoria;
b)gente illusa e che non conosce il mercato italiano dell’editoria, che magari ha scritto una cosa bellissima e ne scriverebbe anche mille altre, ma crede che questo basti perché “si attiverà” il TAM-TAM... Invece, il passaparola è impossibile in Italia, non ci sono le condizioni tecnico-comunicazionali perchè funzioni;
c)gente che ha capito che c'è una strategia e una strada da percorrere insieme a un editore serio. Quest’ultimo, però, non si vede perchè dovrebbe regalare, senza alcuna prospettiva commerciale, a qualcun’altro che se ne bei, spesso in modo volgare, il lavoro di perfezionamento testuale. Il "qualcuno" è naturalmente lo scrittore, la cui opera senza il perfezionamento testuale è sempre (quasi...? no no, proprio sempre!) troppo imperfetta…”
Ecco, capito? Sorvoliamo anche sulla sintassi, per avere successo si deve pagare, perché l’editore a pagamento (cioè lui) sa un sacco di cose, conosce il mercato e riesce a far valere le opere, a migliorarle, ché l’autore scrive sempre opere “troppo imperfette” e lui le rende perfette, senza errori, come questa di cui sto parlando per esempio nella quale più volte viene messo l’accento sull’indispensabilità di un editing perfetto, a lustro della lingua italiana e garante del successo – anche in termini economici – dell’opera e del suo valore drammaturgico. Ora, per ciò che riguarda il successo economico non c’è molto da fare, visto che l’editore si fa pagare in anticipo direttamente dall’autore svariate migliaia di euro (per sua stessa ammissione ci aggiriamo dai duemila ai cinquemila euro), per ciò che invece riguarda la lingua, il lavoro sembra quasi fantascientifico, vista l’infarcitura indefessa e pervicace di orrori di questo pamphlet in cui, tra le altre cose, non c'è neppure un cenno all'attività promozionale, DOVEROSA per un editore, ma solo di strategie economiche e di mercato.
È anche bene precisare che questo editore/scrittore si fregia di essere supportato da editor pagati circa 20 euro l’ora.
Ciò, e ho finito, che non trovo giusto, inoltre, è la NON menzione delle richieste di denaro nel sito web non solo di questo editore, ma di tutti quelli che chiedono contributi all'autore. Non lo trovo eticamente giusto.
Ergo, non fatevi ipnotizzare dai giri di parole e dai minestroni psichedelici di chi chiede soldi per pubblicare, né dai vari discorsi in ordine al valore drammaturgico di un’opera (che mi piacerebbe sapere cosa sia). Sappiate che ci sono ottimi editori free che curano l’opera in maniera eccellente e condividono oneri e onori e se la vostra creatura vale, con un po’ di pazienza vedrà la luce.
Minima editorialia cun maxima neglegentia