Qui, prendendo spunto da un articolo di Gaia Conventi, ho parlato di un libro che, a mio modesto giudizio, è di un cattivo gusto esemplare, anche per come è stato realizzato.
Il vero problema, però, non stava tanto nel libro, bensì nell’accoppiata *Cutolo/Casa editrice*. Infatti, mentre da una parte l’autrice ha gestito per anni un blog in cui si preoccupava di salvaguardare i diritti degli scrittori dagli editori poco onesti; dall’altra l’editore – la ISBN EDIZIONI – pare abbia diversi contenziosi con i propri collaboratori, ossia non li paga. Quindi, il fatto che la Cutolo, così attenta ai diritti degli scrittori, si sia affidata proprio a una casa editrice notoriamente insolvente risultava un po’ strano. Oltretutto, dopo avere pubblicato il libro, l’autrice ha abbandonato la gestione di quel blog, adducendo numerosi impegni professionali.
A distanza di un mese, la Cutolo, piccata e con gran paroloni, ha commentato l’articolo della Conventi affermando di essere anche lei stessa vittima dell’insolvenza dell’editore.
Ma tu guarda la combinazione, è stata zitta per un bel po’ di tempo per poi lamentarsi solo dopo i problemi con l’editore (e che non abbia saputo nulla di quell’articolo è difficile da credere, visto che il suo coautore, Garufi, è intervenuto più volte).
Ma la cosa che fa ridere è che, nonostante tutto, lei invita tutti a comprare ugualmente quel libro, anche se l’editore – a suo dire – è insolvente, con questa frase: “Poi, se non comprare libri di un editore mascalzone vi fa sentire a posto con la coscienza, che vi devo dire, beati voi”.
Sì, avete capito bene, dopo avere firmato un contratto e dopo avere conosciuto da un punto di vista privilegiato certi meccanismi (e certe insolvenze), l'autrice dà al proprio editore del “mascalzone”.
Mica cotica eh. E poi gli strani sono gli altri. E poi le cose che dovrebbero essere raccontate sono quelle del suo libro, vero?
La stessa Cutolo mi ha anche mandato una serie di messaggi al vetriolo in pvt, pieni di accuse fantasiose e di rinfacciamenti stravaganti, poi mi ha bannato da Facebook.
Troverò una sede opportuna in cui mi verranno chiarite quelle accuse? Vedremo.
Quindi, avete visto, nell’acqua che non si vuole bere, a volte ci si può anche affogare.
Ah gli antichi detti popolari.