La scorsa settimana ho lanciato un breve sondaggio, che potete vedere qui, per capire cosa fareste se scopriste, carte alla mano, che un vostro parente è stato prigioniero di un campo di concentramento.
Le risposte sono state in linea con ciò che pensavo: la maggior parte delle persone si rivolgerebbe a un ente o a un istituto ad hoc per condividere nel migliore dei modi la vicenda, col rispetto che merita.
Ciò, però, non è successo nel caso della pubblicazione “Delinquenti e politici: ricordi d’un campo della morte” - sottotitolo: “Memoriale di prigionia a Mauthausen” - curata dai cugini sardi Antonio Lombardo e Bruno Lombardi, i quali hanno deciso di rendere pubblico il Memoriale che Paolo Lombardi, rispettivamente loro padre e zio, ha scritto immediatamente dopo essere stato liberato dal famigerato campo di Mauthausen.
I curatori si sono limitati a chiedere una consulenza “specialistica” alla giornalista Stefania Elena Carnemolla, la quale a suo dire ha solo fornito “alcune indicazioni di fonti sui lager”. Non si capisce in cosa siano consistite tale “indicazioni”. Questa giornalista, da me interpellata, inoltre, prima di liquidarmi seccamente chiedendo di non essere disturbata, ha affermato altresì di far parte di “una commissione europea sull´Olocausto”, commissione di cui non ci è dato sapere nulla, ché, appunto, la giornalista si è rifiutata, appunto, di continuare a rispondermi.
Di tale memoriale è stata autopubblicata solo una trascrizione, nonostante si affermi che ne esistono ben tre copie identiche, realizzate appositamente affinché non vada perso (forse, fotocopiarne una e allegarla sembrava brutto).
Le perplessità che questa lettura induce non sono poche.
Anzitutto, la pubblicazione reca sul frontespizio l’indicazione “Editrice Fagher” sebbene non esista alcuna casa editrice con tale nome (e vai a capire perché sia stato scelto proprio “Fagher”), in realtà è stata stampata in proprio presso una tipografia di Via Turritana, a Sassari, ed è portata personalmente dai curatori in giro per scuole, biblioteche ed eventi vari, soprattutto in occasione della “Giornata della memoria”, dove viene venduta per 12 euro a copia, priva, ovviamente, del codice ISBN, con il beneplacito di tutti i maggiorenti. Una pubblicazione canonica avrebbe permesso una - doverosa - diffusione più capillare della vicenda, visto che il leitmotiv dell’opera è “per non dimenticare”.
Il “Memoriale” vero e proprio, ossia la sua trascrizione pubblicata, consta di 23 pagine, è preceduto dalle prefazioni dei due curatori - entrambe, purtroppo, rese in un italiano a dir poco sgrammaticato, reperibili anche in rete, qui (oppure qui)- ed è corredato da alcuni documenti. La prefazione di Antonio Lombardo è di carattere generale e concerne il messaggio universale d’amore e di pace che la vicenda deve trasmettere, mentre quella a firma di Bruno Lombardi è molto più tecnica e merita, a mio giudizio, di essere analizzata con attenzione.
Per iniziare, a pagina 11 della prefazione si legge: “Il memoriale racconta alcune tappe del rimpatrio, osservando in quali località ha stazionato il nostro Autore in quella “maledetta Germania” prima del ritorno a casa. Necessario, è dare considerazioni utili al lettore che riguardano il rapporto tra alcuni documenti di rimpatrio e la frase del diario “23 mesi interminabili trascorsi in quell’inferno tedesco””.
E, ancora, a pagina 44 (nel memoriale vero e proprio, dove l’autore racconta della liberazione e della fuga da quell’inferno che Mauthausen ha costituito per anni): “… era trascorsa già una settimana dalla nostra partenza dalle prossimità di Berlino. Finalmente siamo a Innsbruck”.
Ora, come possa essere partito da Berlino e come sia riuscito a visitare la Germania non è chiaro, visto che Mauthausen è in Austria, ma a contribuire alla confusione c’è anche un altro passaggio della prefazione dove, a pagina 11, nella descrizione dei documenti matricolari allegati, si può leggere: “L’unico luogo non meglio identificato è Lipsia, ma credo che si collochi nel percorso fatto dal treno sino al Brennero descritto dall’Autore”. Su quel Lipsia tornerò più avanti, però, cartina alla mano, davvero non si riesce a capire che giro abbia fatto il prigioniero dopo essere stato liberato - ossia dove abbia effettivamente stazionato - prima di rientrare in Patria, visto che dopo essere partito da Mauthausen (Austria) afferma di avere toccato sia Berlino, sia Lipsia (entrambe in Germania), per poi approdare a Innsbruck (di nuovo in Austria).
Ancora, a pagina 10 della prefazione si legge: “Di Birkenau, campo di punizione di Mauthausen, Paolo dimostra lucidità descrittiva”.
Tale affermazione trova riscontro a pagina 28 del memoriale, laddove si afferma: “… le cremazioni e le installazioni di gassamento erano inaugurate a Birkenau, altro campo di sterminio che si trova a 1 km da Mauthausen”.
Ora, appare il caso di precisare, ma solo giusto per non passare da ignoranti del tutto - oltre al dato che i due campi di concentramento distavano circa 600 km l‘uno dall’altro, non 1 - che non è assolutamente vero che Birkenau sia stato il campo di punizione di Mauthausen, luogo peraltro già di per sé estremamente punitivo. In una nota esplicativa, a pagina 51, i curatori chiariscono che si trattava di un altro Birkenau. Ah, ecco.
Sarebbe stato utilissimo sentire il parere articolato e motivato della giornalista Stefania Elena Carnemolla su questi punti e su quelli che evidenzierò nella seconda parte, peccato che si sia sottratta.
Fine prima parte - a breve la seconda...