Questo lo avevo scritto sul vecchio blog alle ore 22:08 del giorno 18/11/2011
Chiarissimo signor Presidente,
essendo io l’ultimo dei cittadini, dopo avere sentito pareri e opinioni di varia natura, per ultimo vorrei dire la mia sui Suoi discorsi al parlamento che ho sentito alla radio.
Ho sentito anche questo intervento e mi sento felice di non essere incorso in una gaffe:
Parliamoci chiaro, tutto ruota attorno a un unico elemento: i soldi. Soldi che non bastano mai a nessuno; soldi che Voi avete a profusione e che noi ci facciamo bastare.
Ho notato che proprio quei punti sui quali aspettavo con ansia le Sue idee sono stati abilmente evitati.
Ad esempio, cosa vuol dire che la pressione fiscale “può essere modificata per renderla favorevole alla crescita”? Non poteva dire più semplicemente se è possibile abbassarla o meno?
E poi, sull’ICI, mi hanno particolarmente colpito alcuni passaggi.
- “L’esenzione dall'Ici delle abitazioni principali è un'anomalia tutta italiana”. Cioè, quindi, mi faccia capire, il fatto che gli altri Stati applicano un indirizzo diverso automaticamente fa diventare il nostro un’anomalia? Ma a che titolo si deve pagare l’ICI? Nessuno lo potrà mai sapere, come nessuno di Voi, professore, immagina i sacrifici che si devono affrontare per costruirsi una casa, che poi il governo – avvalendosi di un’anomalia precostituita ad hoc – usa per arricchirsi, anzi no per variare il baricentro dell'assetto del flusso in entrata delle risorse economiche.
- "intendiamo riesaminare il prelievo sulla ricchezza immobiliare". Bene, però la prima casa non è una “ricchezza”, checché se ne pensi ai piani alti, il popolino ha diritto di avere un piccolo tetto (e mi stupisco delle sinistre, che non hanno eccepito nulla su ciò). Non si può usare la scusa, oramai ridicolmente obsoleta, che “i comuni non hanno soldi, quindi da qualche parte li devono pur prendere”. Ma poi torniamo sempre al punto di partenza, anche qui c’è la solita ambiguità. Cosa vuol dire “riesaminare”?
- "l'imposizione sulla proprietà immobiliare è particolarmente bassa in confronto agli altri dell'Unione Europea”. Certo, quindi per metterci in regola si può applicare un’imposizione doppia, così l’anomalia sparisce;
- “il decreto sul federalismo municipale prevede dal 2014 l'entrata in vigore dell'Imu, che assorbirà l'attuale Ici, escludendo la prima casa”. Questo, invece, era un ottimo decreto che però, non prevedendo il ripristino dell’ICI, diventa anomalo.
Morale della favola, anche su questo punto Lei, nella Sua elegante compostezza – che ha incantato i detrattori del Suo predecessore – ci ha fatto intendere che ripristinerà l’ICI e, a giudicare dall'insieme del Suo elegantissimo discorso, appare evidente che la spesa sarà rilevante.
Ma proseguiamo.
Lavoro. Lei ha detto che attualmente ci sono categorie fin troppo tutelate e altre per nulla tutelate, e che interverrà per eliminare questa disparità. Ecco io ritengo questa un’altra dichiarazione ambigua, perché può essere interpretata in mille modi differenti. Meglio avrebbe fatto, signor Presidente, a chiarire meglio il punto.
Nessun cenno sulla creazione di nuovi posti di lavoro, né sulle agevolazioni connesse (perché, è inutile negarselo, oramai la maggior parte dei miei connazionali associa la parola lavoro ad agevolazione, quasi come se fosse una gentile concessione del governo).
Giustizia. Ridurrà le sedi giudiziarie. Ecco, quindi nessun intervento sulla vergognosa durata dei processi (posso dimostrare che ci sono processi che vanno avanti da 10 anni e sono ancora davanti al GIP, oppure che un ricorso presentato nel 2008 verrà discusso nel 2012); identico silenzio sulla responsabilità dei magistrati. Le sedi giudiziarie, oberate da quintali di fascicoli, verranno ridotte. Bene, meglio dissuadere e andare avanti.
Banche e sistemi bancari. Lei non ha speso nemmeno una virgola per ricordare che le banche sono enti a cui noi, disgraziati, siamo obbligati a rivolgerci ed è rimasto insensibile al fatto che tali enti impongono regole che vanno a rinforzare la diabolica macchina che ci sta stritolando. Le banche, Le ricordo, sono gli strumenti a costo zero - sì, a costo zero, visto che le manteniamo noi poveri delinquenti che, a giudizio di molti, abbiamo ingenerato quella crisi che Lei, magnanimamente, gestirà -, dei colletti bianchi.
Al termine del Suo discorso, l’On. Carloni l’ha supplicata di chiudere gli ospedali psichiatrico-giudiziari. E qui ritorniamo al fatto che la giustizia – pericolosissima, ne convengo, per tutti – verrà trattata con la stessa ambiguità che abbiamo detto per altri punti, perché se la giustizia funzionasse, gli schifosi scandali denunciati dall’onorevole Carloni non si verificherebbero. Ma è chiaro, questi sono ambiti in cui non c’è molto da “prelevare” quindi non suscitano l’interesse del Suo augusto incarico. Lei, a completamento, non ha pronunciato una sillaba sulla salute.
E che dire del Signor Ministro della difesa che non è potuto venire perché impegnato in Afghanistan? Ministro che Lei, ci ha detto, ha svegliato alle tre del mattino (di quando?) per chiedergli se voleva essere Ministro e lui, dopo un po’ di titubanza, ha ossequiosamente accettato. Che bello, che stile, che eleganza, che gentilezza. Però, signor Presidente, come si regola con le missioni “di pace” all’estero? Nessuno lo sa.
Lo sapeva che in Sardegna la linea ferroviaria non è stata ancora elettrizzata e che Trenitalia sta smantellando le poche cose che ci sono? Lo sapeva che in Sardegna l'illuminazione delle strade è pressoché inesistente? Nel suo disegno - che a stento si trattiene dal propinarcelo come divino - la Sardegna deve rimanere in isolamento?
Signor Presidente, ho trovato il Suo discorso di una banalità agghiacciante, di una monotonia desolante, di un’ipocrisia da Nobel, manicheo e untuoso oltre ogni limite e la mia speranza di sentire qualcosa di concreto – ossia di mai detto – sui punti cardine che affliggono la nostra società è andata del tutto delusa. Con artifici stilistici ed espedienti discorsivi, Lei ci ha propinato un bel barattolo di aria. È chiaro che ogni Suo intento andrà ad implementare e ad agevolare il perverso meccanismo economico che ci sta lentamente uccidendo, meccanismo che Lei e quelli come Lei ben conoscono e mai faranno nulla per spiegarlo al popolo bue. E men che meno per farlo girare in modo che possa portare benessere a tutti. Lei ha infarcito il suo discorso con parole inglesi che nessuno ha capito.
La nostra Patria è in mano ai banchieri e ai finanzieri, una risma di personaggi dalle menti raffinatissime che fanno ricadere su noi poveri malnati le inesistenti colpe di una crisi da loro stessi innescata; una crisi che serve per ogni occasione; una crisi che nessuno di noi ha mai capito in pieno e che ognuno tenta di spiegare a modo proprio mentre loschi figuri si spartiscono fette di potere e di ricchezza inimmaginabili. Però si ricordi che noi siamo Italiani, un popolo di Santi, poeti e navigatori e che siamo pieni di belle risorse e non trascuri l'insegnamento di Alessandro Manzoni (sono certo che lo conosce) secondo cui tra disonesti non può esistere un accordo duraturo (senza contare l'intervento del caso e della provvidenza, che quando meno ci si aspetta interviene per "appianare" molte cose).
Lei è stato ampiamente elogiato perché onesto, elegante e sobrio, però Lei è un esperto di economia che ha detto ai cittadini italiani che devono prepararsi a sacrifici. I sacrifici, mi permetta, li stiamo affrontando da sempre, perché ci sono i grandi che ci tengono nell’ignoranza, campando sul nostro lavoro e facendo ricadere su di noi la colpa di ogni fallimento. Non creda di avermi imbrogliato, non creda di avermi convinto che noi cittadini siamo causa della grande crisi, nonostante i Suoi modi pacati ed eleganti. Non creda troppo, signor Presidente, anzi professore come vuole essere chiamato (ché i presidenti passano, ma i professori restano). Al termine del suo discorso mi sono sentito perso, nel vedere i visi ingessati e gelidi della Sua squadra mi sono sentito catapultare nel mondo che io ho descritto nel mio libro DISTOPIE.
Meglio essere chiassosi, un po’ villani, anche puttanieri – mi si passi, visto che nessun essere umano è indenne dai vizi – ché la malcelata ostentazione spesso è ridicola, per non dire pacchiana. E si ricordi, gentile professore, che il governo è un organo esecutivo delle decisioni del parlamento, quindi non pensi che io sia caduto nel gioco degli specchi di cui lei è abile esecutore e col quale vorrebbe farci invece credere che è il Parlamento a stare sotto di Lei e alla Sua augusta squadra.
E non mi si dica che adesso dobbiamo "aspettare" che Lei faccia qualcosa, perché sappiamo benissimo cosa farà: continuerà a frustrare e a svilire la nostra dignità, ben conscio della sostanziale nullità formale e sostanziale del suo discorso, e non mi si venga a dire che sto prendendo troppo alla lettera le Sue affermazioni, perché sarebbe ora di riappropriarsi della parola e delle lettere, perché sarebbe ora di dire le cose chiare, perché sarebbe ora di rispettarci.
Ho la sensazione di una grande prepotenza, cieca e sorda, quella che i sordidi amanti del denaro infliggono senza se e senza ma.
Né mi si venga a dire che per poter sindacare le Sue parole è necessario un certo spessore culturale, perché per capire il fumo che Lei ci sta lanciando non ci vuole molto e perché quell'onestà che da molte parti le viene tributata le imporrebbe di essere chiaro e univoco quando si rivolge a noi, che Le paghiamo il lauto mensile; lo paghiamo a Lei che nonostante sia ben conscio della drammaticità della situazione, non ha speso un minimo di energie per dare regole certe a salvaguardia dei mercati e delle nostre borse. Lo SPREAD è un'entità astratta che sembra avere vita propria. Sì, la vita che gli ha dato il mondo dell'economia, nel quale Lei si muove con sconcertante disinvoltura e sorridendo, per i più, impercettibilmente. Non a caso per la Sua nomina si è rallegrato il gota della finanza: fondo monetario, BCE e altri uffici che ricordano tanto quelli di kafkiana memoria di cui manco sospettavamo l'esistenza. Lo SPREAD - il cui andamento negativo è stato addirittura legato, da qualche intelligentone, al Suo precedessore - è come l'uomo nero per i bambini: non si sa come o cosa sia, né dove si annidi, ma se si scatena può solo fare del male; è un'invenzione tanto malefica quanto in malafede.
Nella cultura mafiosa succede che talvolta qualche pubblico esercizio prende fuoco o subisce danneggiamenti, dopodiché alcuni loschi individui si presentano al titolare di quell'esercizio offrendogli "protezione" in cambio di denaro.
Ci aspettavamo i nazisti, i fascisti, i comunisti e invece...
Nonostante il suo politichese ho ben compreso molte cose, spero solo di avere la forza di sopravvivere a certe angherie. Ma non sottovaluti nulla, esimio porfessore.
Infine, mi permetta di farLe rilevare che nel suo forbito discorso ha omesso ogni riferimento alle scuole di ballo, non una parola ad esempio sul cha cha cha. Lo sa che al giorno d’oggi la maggior parte dei ragazzi non solo non lo sa ballare, ma non sa nemmeno cosa sia il cha cha cha? Lo sa che nella stragrande maggior parte delle discoteche non si suona nemmeno una nota di cha cha cha? Per non parlare della rumba, della conga, della samba, della pachanca?
Glub.