Mentre fuori già infuriano le oramai patetiche polemiche sull’utilità del Natale, noi vogliamo mantenerci su qualcosa di più pragmatico: le sentenze e le attività della nostra cara (in ogni senso) Giustizia. Un'attività che sforna fior di sentenze le quali, a loro volta, vanno a formare un interessante florilegio letterario.
I Signori Magistrati dell’altissima Corte di Cassazione - detti anche Ermellini - si sono riuniti per decidere una cosa fondamentale sui medici, ossia che è condannabile “il medico reperibile che rifiuta di visitare il paziente ritenendo che non sia urgente”. In pratica è stata confermata la condanna inflitta a un medico in turno di reperibilità che, chiamato a visitare una bambina che si era fratturata gomito e polso, aveva bellamente rifiutato di recarsi in ospedale a visitarla, limitandosi a fornire indicazioni telefoniche alle infermiere. Ovviamente se c’è stata questa decisione, significa che qualcuno si è rivolto alla magistratura per chiedere l’assoluzione di quell’ottimo medico specialista in visite telefoniche che, poverino, ha così scoperto nella maniera più drammatica che i pazienti vanno visitati di persona. Meno male che lo dice la Cassazione, altrimenti sai che caos.
Identica amara sorpresa è stata riservata a quei medici che hanno impiantato delle cornee infette a una paziente la quale, a causa di ciò, ha successivamente patito delle lesioni irreversibili agli occhi. È bene precisare che sulla confezione delle cornee nuove c’era un'etichetta che "consigliava" di eseguire un esame microbiologico. Consigliava, mica obbligava. Inoltre quelle cornee venivano da una banca degli occhi gestita dalla stessa clinica in cui è stato eseguito il trapianto. I medici, quindi, si sono stupiti della condanna ricevuta, in quanto erano convinti che la colpa non fosse loro. Chissà di chi pensavano che fosse, magari della paziente che sbatteva troppo le palpebre.
Parliamo di altro, di insulti ad esempio.
Dalla Suprema corte ci arrivano degli insegnamenti che neppure nelle più blasonate filosofie zen. Ad esempio dire “te la faccio pagare” a un nemico non è tanto grave, ma se glielo dite col dito puntato, allora sì, è grave. In pratica la Suprema Corte, dopo una solenne riunione in camera di consiglio, ha sancito che puntare il dito ha effetto intimidatorio, quindi state attenti; sempre colà, dopo attentissima valutazione degli atti, si è sancito ufficialmente che “se non è reato augurare agli altri la cattiva sorte, attenti a dare dello iettatore a qualcuno.” In particolare, per radio un improvvido speaker aveva detto ai danni di una persona “porta male, tanto che devo toccar ferro perché porta anche sfortuna”. Non si fa, ricordatelo, altrimenti ve lo ricordano loro con una bella condanna; infine state attenti alle “b” seguite da puntini, quando scrivete gli sms. Gli ermellini hanno sentenziato che potrebbero essere male interpretate, soprattutto se scrivete, che ne so, “stai attenta a quello che fai tu b…”. Magari il poveretto voleva scrivere bellissima, o se era sardo bellixedda, invece non avendo precisato, a Roma si è mosso tutto l’apparato statale per sancire che non si fa.
Oh, non è che comunque in quella sede vadano sempre tutti d’amore e d’accordo, spesso si aprono diatribe su finissimi argomenti. Ad esempio, quando arriva una multa che comporta la sottrazione di punti dalla patente, si dovrebbero comunicare le generalità di chi era alla guida del mezzo in quel momento, ma molti non lo ricordano (o fanno finta di non ricordarlo, per non farsi sottrarre i punti dalla patente). Sull'argomento a Roma ci sono due agguerrite scuole di pensiero: alcuni dicono che BISOGNA RICORDARLO, altri che non è poi così grave dimenticarlo.
Che fare? Negare sempre e a oltranza nella speranza di trovare giudici che ci danno ragione?
Comunque, a Roma si discute di cose davvero importanti.