Per chiarire del tutto l’iniziativa, poi, mi viene anche detto: “… tenterò di intrecciare tre fili: il filo dell’autonomia delle voci (voi); il filo della serialità della ricerca (io); il filo dell’interpretazione generale sullo stato dell’arte (tecnico). Tenterò, cioè, di unire democrazia, dirigismo, e tecnocrazia in un’unica esperienza collaborativa socialista”. [Sorvoliamo sulla virgola vicino alla “e” congiunzione, qui si parla di altro, non di grammatica, di fili da intrecciare che come minimo ci scappa il Nobel, per cosa non si sa, ma ci sta tutto]
E i diritti d’autore derivanti dalle vendite? Ah, in ordine a quelli: “in nessun modo. Il surplus invenduto sarà donato a biblioteche e critici. L'associazione è no profit: non distribuisce utili.” Be’ certo, capito che ideona? Una collaborazione socialista, una associazione no profit che però si appoggia a una casa editrice “sì profit” (la deComporre), ossia che aderisce all’editoria a pagamento, anche se il signor curatore precisa che l’idea dei trenta euro è tutta e solo sua e gli utili mica si distribuiscono, la cultura è ben altro. Un’antologia che formerà una pietra miliare nella letteratura mondiale, una cosa sconvolgente. Un’antologia venduta agli stessi autori che hanno contribuito a formarla, ma chi ci avrebbe mai pensato a 'sti "volumi collettivi solidali"?
Poi, sempre girando in rete, trovo questo simpatico scambio di battute (pare che ci sia anche la minaccia di querela), leggete pure i risvolti filosofici, le sfaccettature ermeneutiche, nonché le interconnessioni ontologiche poste a fondamento dell’editoria a pagamento. Sì, davvero, questa è sì cultura, socialista: tu inizia a pagare, che il resto viene da sé.