Questo lo avevo scritto sul vecchio blog alle ore 10:40 del giorno 18/09/2011

“Ispettò", disse l’autista, “a quelli ci ha fatto proprio una bella sorpresa eh! Quanto è per il disturbo in tutto?”
“Come minimo 15 mila”, rispose l’Ispettore mentre, di ritorno da un cantiere edile, riordinava i verbali all’interno della valigetta in misto-pelle con finiture in peltro battuto a sbalzo da € 274,99, comprata con comode rate su Videomarket, che gli aveva regalato sua suocera il giorno in cui era stato assegnato al "Servizio Ispezioni del Lavoro".
L’autista riprese a compilare il foglio di marcia ripetendo a voce alta ciò che scriveva: “partenza dal cantiere ubicato in Via Carlo Colombo alle”… e guardò l’orologio.
“Cristoforo Colombo”, lo corresse il portaborse dell’Ispettore, “C. sta per Cristoforo e non per Carlo, cazzo abiti qui da 20 anni e ancora non sai le vie!”
“È vero”, sancì l’ispettore, “come quella volta che ci fece girare per ore a cercare Via Spertini perché non aveva visto il puntino dopo la “S””.
“E che ne so”, si difese l’autista, “lei ha una calligrafia che sembra arabo stenografato.”
Tutti risero. L’arabo stenografato li faceva sempre tanto ridere, dopo che avevano sentito quella battuta a Cultura Moderna, dove, cazzo!, bastava avere un po’ di fortuna e ti sistemavi per tutta la vita, 500,000 euro!
Poi come la ripeteva lui: “arabo stenografato”, era irresistibile.
Con 500.000 euro non avrebbe fatto mica subito il lusso, eh no mica era scemo – l’autista - che poi la gente se ne accorgeva e magari potevano anche rubarglieli o addirittura rapire i suoi figli. No, anzitutto li avrebbe fatti fruttare per un bel po’ in banca, poi avrebbe comprato una bella casetta al mare, poi quella dove era in affitto da 14 anni con moglie, figli e sorella signorina, poi una bella macchina. Un po’ di beneficenza, beh era ovvio, ma solo a chi voleva lui perché voleva essere certo che i soldi andassero proprio a chi ne aveva bisogno, e non nelle tasche di qualche prete falso, poi un regalino a qualche amico, e anche tanti bei viaggi e delle belle cravatte firmate, ma avrebbe comunque continuato a lavorare, però con molta meno frenesia, sennò sai che noia!. “Eh si, finchè ce la faccio però, poi mutua, e chi se ne frega.”
“Comunque, Ispettò, a me basterebbero anche solo quei 15 mila. Ma cosa ci ha trovato in quel cantiere?”
“Cosa NON ci ho trovato vorrai dire. Pensa che non avevano fatto nemmeno la valutazione dei rumori nè la valutazione delle sostanze pericolose che usano. Per non dire dei ritardi nel versamento dei contributi a due dipendenti, uno dei quali è anche compare di un mio caro amico macellaio. Poi un dipendente non aveva le scarpe antinfortunistica e il registro delle giornaliere non era stato aggiornato.”
“Cose da non credere. Pensano solo a guadagnare, e della sicurezza dei lavoratori non se ne fregano.”, commentò il portaborse.
L’autista nel frattempo era ripartito. “Mio zio dice che in Germania ‘ste cose non succedono. In Germania ti dicono: tanto ti spetta per legge? Ecco mì, tanto ti do. Quanto è il conto? Tanto? E dan dan dan, pagano all’istante e son tutti assicurati. Non ce n'è, no, lavoro nero in Germania, e quando rientrano in Italia hanno anche la doppia pensione, esentasse. Ma l’esame dei rumori e delle sostanze pericolose a che serve, Ispettò?”
“A preservare la salute del lavoratore, che deve essere messo in grado si proteggersi orecchie naso e gola con opportuni D.P.I. e anche le altre parti del corpo.”
“Cioè magari può diventare sordo o venirgli qualche malattia ai polmoni?”
“Esatto, e senza scarpe antinfortunistica potrebbe farsi male ai piedi. I D.P.I., Dispositivi di Protezione Individuale servono proprio a preservare il fisico del lavoratore, in qualsiasi zona.”
“Allora a me me ne serve uno perché mi sto rompendo i coglioni, dove lo trovo?”
Tutti risero. L’autista era davvero una macchietta, simpaticissimo. Che gusto ad uscire con lui.
“Che gente. Però sono anche scemi loro che ci stanno a quelle condizioni. Io me ne ero già andato, ah no? E gli avevo detto: ascù, a ti la leasa in culu. Boh, devo mettere in risalto la mia salute per lui che si arricchisce. Io gli avevo detto: o mi dai quello che mi spetta sennò cercatene un altro.” Disse l’autista.
“Eh, ma non tutti hanno una certa contezza di se”. Intervenne il portaborse.
Tutti approvarono, con gesti gravi del capo, in silenzio, mentre la macchina blu si destreggiava nel traffico, incurante del codice della strada perché era una macchina di servizio che era in giro per motivi di servizio.
“Quanto manca all’una?”, chiese l’autista.
“Un quarto d’ora”, rispose l’ispettore dondolante, seduto dietro, reggendosi alla maniglia sopra lo sportello.
“Vabbè allora a ‘sto semaforo mi fermo.”
Mentre attendevano che scattasse il verde in quel traffico caotico, tra rumori, smog e autisti dilettanti, si avvicinò una signora un po’ barbuta, con un sorrisino supplice preconfezionato, che reggeva secchio e spugna, mentre due bellissimi e spettinati bambini scalzi aspettavano, con lo stesso sguardo, a bordo di un macilento furgoncino azzurro posteggiato in doppia fila con il motore acceso e le portiere aperte, assieme ad un signore, seduto al posto di guida, ed altri personaggi grigio-marroni che osservavano dai finestrini, come ritratti di Van Gogh.
“No, no, grazie”. Disse l’autista allontanando per un attimo il cellulare con il quale stava avvisando la moglie che avrebbe fatto due orette di straordinario, perché aveva da fare con l’Ispettore, e di non aspettarlo a pranzo.
“Ecco, tieni un euro lo stesso, ciao.”
La signora un po’ barbuta ringraziò, accentuando di poco quel sorrisino che nascondeva due denti d’oro, e raggrinzendo impercettibilmente il naso adunco si diresse con i suoi strumenti da lavoro verso un’altra macchina in fila al semaforo.
“Poveretti”, sottolineò l’ispettore.
“Che zozzoni vorrà dire, ma meglio così che rubare”, disse il portaborse, e mollò una scoreggia.
Ripartirono, tutti ridendo pazzamente e sventolandosi, poco prima che scattasse il verde, perché l’autista conosceva bene il gioco dei semafori e sapeva quando partire, mica era scemo che perdeva tempo, anche se era ancora al cellulare.
"Guà, non ti dico cosa ha fatto", disse ridendo alla moglie, che nel frattempo gli stava dettando la lista della spesa.
In verità l’Ispettore rise e si sventolò con un certo qual contegno, in quanto il ruolo che da qualche tempo oramai ricopriva in seno alla società non gli consentiva soverchi sbracamenti, e diede un colpetto sulla nuca del portaborse, chè la troppa confidenza poi fa perdere la reverenza.
Meno male che l'arbre magique alla Pulsatilla Vernalis e gli abbondanti scrosci di profumo, che tutti e tre gli occupanti di quell'auto si erano concessi quella mattina prima di uscire da casa, mitigarono l'insolenza del portaborse e non si dovettero nemmeno aprire i finestrini, chè sennò l'aria condizionata usciva tutta.
Prima di rientrare in ufficio si fermarono un attimino alla Conad, per prendere del prosciutto senza coloranti nè conservanti e pochi polifosfati, tanto era ancora presto.