Un giorno, era il quindici di agosto, la mano che vige su tutto impugnò una sciabola e tagliò di netto la il Mondo in due parti uguali. Ugualissime. Mezzi poli da questa parte, mezzi dall’altra, e siccome il Mondo era in movimento successe un gran casino, un polverone, le vene dei fiumi vennero tranciate e l’acqua non sapeva più dove andare, infischiandosene anche del mare.
Solo che c’era un piccolo problema: io ero rimasto da questa parte, tu dall’altra, e da te c’era rimasto anche un pezzetto impalpabile di me.
No, dai, non è vero, nessuno aveva tagliato niente, è una cosa che mi sono inventato ora, solo che avrei dovuto fare come quelli che se per caso cadesse il mondo, lei si sposta un po’ più in là .
È che quella notte, quella del 14, sembrava che tutto andasse bene, ci siamo divertiti, casino globale, poi il giorno successivo mi sono reso conto che i tuoi occhi non c'erano più. E nemmeno la tua voce, il tuo odore, i tuoi gesti. Ed è stata una giornata da dimenticare, solo che io non riesco mai a dimenticare nulla.
Poi mi hai accompagnato al treno.
- Quando arrivo ti telefono. Ti dissi.
- Non so se mi trovi, devo uscire. E poi, che mi chiami a fare. Oramai parti, chissà quando e se.
- Posso tornare ogni settimana, puoi venire tu, non credo sia un problema.
E già la lama si stava avvicinando al Mondo.
- Prova a chiamarmi. Hai concesso guardando il binario vuoto.
Erano le dieci di sera. Un banalissimo, normalissimo binario di una stazione ferroviaria alle dieci di sera, con qualche bagliore di luce artificiale. I rumori manco li sentivo.
Ti ho chiamato molte volte.
Tu mai.
Sì, ti ho trovato qualche volta, ma c’erano sempre dei se e dei ma.
La sciabola aveva tagliato tutto in due, è vero, non me lo sono inventato, come ferragosto taglia a metà l'estate, e io vivevo e vedevo solo la polvere. Che mi si è attaccata addosso, è entrata nelle narici. E ancora oggi, se ci ripenso, la sento sempre lì.
L’acqua dei fiumi si era mischiata a quella dei mari e delle fogne. Che casino.
Tu, di là , non so.
Poi ci siamo rivisti qualche volta, abbiamo anche trombato, non ricordo quante volte, una di sicuro.
Mi hai raccontato tante cose che succedevano nella tua parte di Mondo.
Una delle nostre, tante, notti dei pensieri.
Però ancora oggi, quando leggo il tuo nome, lo pronuncio, lo penso, vedo quel binario, le particelle di polvere non mi danno pace. Siamo sempre lì, io e il ricordo di te. Mi hai fatto capire che potrei saltare nella tua metà con un piccolissimo sforzo. E per un po’ ho anche valutato l’idea di farlo. Però la distanza, le distanze, aumentavano sempre di più e alla fine era troppo tardi.
Ma a me è sempre piaciuto stare sempre su tutti i limiti, né di qua, né di là .
E mi ricordi sempre la volta della fine di quel mondo.