Nel 2010 ho avuto modo di collaborare assieme ad altre realtà culturali sarde a un evento di poesia, durante il quale ho conosciuto il poeta Sassarese Giovanni Andrea Negretti. Oggi, a distanza di oltre due anni, abbiamo fatto di nuovo quattro chiacchiere, anche se a distanza, complice il web.
Ciao Giovanni Andrea, grazie per la tua disponibilità. Per rompere un po’ il ghiaccio, ti andrebbe di dirci qualcosa di te, tipo nascita, residenza, scuole e/o altri gossip personali?
Ciao Mario, grazie a te per avermi invitato a questa chiacchierata. Come cito in una mia poesia “È lontano quel dì che il tuo primo vagito echeggiò tra le mura della tua casa natìa, cadeva sul manto bianco insieme a quelli del nuovo anno ed era Gennaio.” Era il 4 gennaio del 1966 ed era caduta un po’ di neve, la poesia s’intitola “Buon compleanno poeta” e si trova nel mio nuovo libro “La torre del silenzio”. La scuola l’ho abbandonata dopo il primo anno di superiori per lavoro ma non ho mai abbandonato gli studi per colmare la mia sete di conoscenza. La curiosità, la strada, i viaggi mi hanno portato a conoscenza della vita e delle sue realtà.
Quand’è che hai deciso di prendere una penna e di scrivere, in quale occasione o circostanza?
Posso dire che non c’è stato un momento preciso, ma un crescere insieme alla scrittura, sin da bambino dal momento in cui ho iniziato a creare le prime frasi con le vocali, ho sentito un fremito, qualcosa che mi portava a creare dei bei pensieri, che poi regalavo alla maestra o ai compagni di classe, erano certamente degli embrioni di poesia. Mi piacevano molto i classici, tanto che già in quinta elementare avevo creato una bozza del mio primo libro, lo avevo intitolato “le mie poesie”, ne avevo creato copertina e disegnini vari per decorarne le pagine, purtroppo questo manoscritto è andato perduto, ma ho recuperato delle poesie che ho raccolto in un quaderno intitolato “Orso Poeta”, che è poi il titolo della mia prima silloge pubblicata nel 2004. Una curiosità: da militare i miei commilitoni, sapendo che amavo scrivere, mi chiedevano di comporre le loro lettere, chi alla fidanzata, chi ai genitori, chi agli amici, ecc… questo non mi disturbava perché mi riempiva il tempo che trascorrevo con piacere, tanto che mi attribuirono il nomignolo di “il piccolo scrivano sardo”.
Si intuisce che tu ami di più la poesia, ma scrivi anche – in maniera minore – dei racconti. Come ti poni nei confronti di questi due aspetti della letteratura?
La poesia è per me quel genere che mi permette di essere più diretto e di raccontare in breve le immagini, le emozioni e gli stati d’animo, che si riversano nei lettori, come un turbine che li proietta nella situazione e trasferisce loro le sensazioni descritte. Nella scrittura di racconti invece devo individuare un personaggio, un luogo o un fatto che mi dia l’ispirazione e ciò mi richiede più tempo, cerco di trovare anche un valido argomento per non rischiare di essere troppo sui generis o sul banale, ma comunque tutti i miei racconti hanno un messaggio. È in cantiere un progetto che vedrà la luce non appena avrò terminato alcuni racconti che sono in via di sviluppo, uno di questi - “DANNATA” - mi ha regalato il primo premio, lo scorso anno a luglio, nel concorso “La forza dei sentimenti”, indetto dall’associazione culturale Luce dell’Arte di Roma. Ne ho anche creato e pubblicato un’ebook, il cui ricavato andrà in beneficenza alla “Misericordia di Firenze”, per aiutare il recupero di un istituto in Russia, dove vivono dei ragazzi orfani o con famiglie disagiate.
E che esperienza hai nei/dei premi letterari? Cosa ne pensi, più in generale?
Sono a conoscenza del metodo di svolgimento dei concorsi letterari perché sono stato giurato; ho svolto per tre volte questo ruolo e mi è stato riconosciuto il diploma di merito di “Giurato di Qualità”. Ho partecipato e partecipo spesso ai premi letterari, a volte ricevo dei premi altre no, ma lo faccio con spirito di partecipazione e senza nessuna pretesa, più che altro per acquisire nuove conoscenze e condividere i miei interessi con altri poeti o artisti. Penso che siano utili se svolti con professionalità e competenza, odio quelli che nascondono trabocchetti del tipo selezione per antologie che poi ti fanno acquistare solo per un loro introito o quelli che sono circoscritti alle solite conoscenze. Un fatto che mi disturba e preoccupa è il sempre più crescente “obolo” per la partecipazione, si arriva a cifre che sfiorano i cento euro per la presentazione di poche opere per premi che si limitano a pergamene che si possono fare con pochi spiccioli. Altro fatto: il dilagare di pseudo concorsi che poi non si sa che fine fanno e per la cui partecipazione viene chiesta una cifra minima ma, approfittando di molte persone in buona fede, specie anziani e principianti desiderosi di far conoscere le loro opere, e sono tanti, gli organizzatori intascano cifre notevoli. Credo si debba mettere un freno a questi fenomeni.
Quali sono i temi che prediligi trattare?
Nella poesia tratto molti temi: la natura e il paesaggio, il sociale, e l’attualità, ma il tema che maggiormente prediligo è l’amore, sia quello muliebre, sia quello più generale. Nei racconti invece cerco di sviluppare tutti i temi in un mix che coinvolga il lettore nell’immedesimazione e che lo porti, passo passo, a una riflessione. Dipende però molto dall’ispirazione, a volte mi capita di scrivere poesie totalmente al di fuori del contesto che sto vivendo, per cui mi trovo a scrivere di un fatto criminoso o di una grave sciagura di molto tempo addietro e magari sono immerso in mezzo alla natura in una giornata di sole.
A quale opera sei più affezionato tra quelle che hai prodotto e pubblicato?
Senz’altro alla prima silloge “ORSO POETA”, che ho dedicato a mia figlia Debora. Vi sono sia poesie che ho recuperato dal mio vecchio quaderno, sia altre che scrissi da militare, sia, ancora, altre che fanno parte di ricordi che ho vissuto in quel periodo. Certo sono poesie molto semplici e fluide, quasi un raccontarsi tra le righe, ma molto ricche d’immedesimazione.
E dell’ultima opera che hai pubblicato, cosa ci racconti?
“La torre del silenzio” è una raccolta che va dal 2006 al 2012, sei anni non elencati cronologicamente ma in tre tematiche: parlo della mia città, della mia Sardegna e di quello che succede al di fuori dell’isola, nel mondo. Ci sono poesie dedicate al sociale e non mancano quelle ispirate alle sciagure che hanno fatto notizia. Ma credo che fondamentalmente “La torre del silenzio” sia quel luogo di meditazione, un luogo appartato da dove possiamo vedere oltre il nostro io, lasciandoci guidare dalla poesia. Nella poesia vi è un sentiero che ci porta alla conoscenza di noi stessi come non c’eravamo mai accorti di essere. La poesia è per me un movimento verso il prossimo, del poeta verso il lettore che, assorto nella visione delle poesie, riesce a percepire in sé quell’emozione che il poeta è riuscito a catturare nel momento dell’ispirazione. Poesia è uno stato d’animo che il poeta coglie nel profondo di sé, lo trasferisce in versi e poi risuona come un’eco nell’animo del lettore, risvegliando sensazioni e sentimenti. Al momento dell’ispirazione, il poeta non è più solo se stesso: si immerge in uno spirito che spazia tra le diverse personalità, si innamora, si angoscia, soffre, si dispera, si lamenta, gioisce, si interroga, proprio come tutti gli uomini e tutte le donne di ogni tempo. Il poeta arriva, inconsapevole, dove molti non riescono ad arrivare. Nelle canzoni dei poeti, si percepisce lo stato d’animo delle persone ma anche quello del proprio paese, che ha una sua anima, che esterna la propria disapprovazione, i turbamenti o il proprio consenso. Nelle varie epoche e da tutto il pianeta, la vera poesia è sempre stata emozione e pensiero libero, e anche per questo molti poeti e scrittori sono stati perseguitati. Ciò che è scritto rimane a testimonianza della storia e della cultura del suo popolo; chi scrive scopre e lascia in eredità tale tesoro. La torre del silenzio vuole essere un luogo per riflettere e per sognare osservando le cose del mondo con un’ottica diversa.
Cosa pensi del mondo editoriale e dei meccanismi a esso sottintesi?
L’editoria cambia in base alle esigenze di mercato, la poesia se non “firmata” non fa business, anzi fa guadagnare di più un libro scritto, o meglio fatto firmare da un comico o da un calciatore, che una silloge di un poeta in erba. Questo perché nascono case editrici a pari passo di quanti autori “sedicenti” o “pseudo” scrittori nascono che vogliono pubblicare. Certo ognuno ha diritto di poter pubblicare il proprio libro, ma non ci si può lamentare se per pubblicare bisogna spendere. Io credo che anche in questo settore sia necessaria la gavetta, si inizia col farsi pubblicare pagando,poi se è una cosa che rimarrà nel cassetto o nello scaffale è comunque un qualcosa circoscritta. Nel caso invece uno voglia andare avanti, dovrà lavorare e fare sacrifici affinché un domani abbia una certa notorietà e qualche casa editrice voglia investire senza la paura di perdere in partenza, perché e così che funziona. Ci sono casi di autori sconosciuti che saltano alla ribalta in poco tempo e fanno vendita con un racconto entusiasmante, poi però magari il successivo non vende neanche in famiglia. L’evoluzione però sta mettendo alla prova le case editrici che oggi si trovano a dover lottare con i siti di pubblicazione personale, cosiddetti di “Selfpublishing” o “POD”, in cui inserisci il file del tuo manoscritto, immetti il titolo, e tutto ciò che riguarda la creazione del libro e zac! Ecco pronto un libro, con isbn a metà prezzo rispetto ai costi di mercato e lo si può stampare in cartaceo o pubblicare in e-book, o ambedue le cose. Per il momento io ho pubblicato attraverso una casa editrice che mi ha trattato bene, ma non escludo che potrei anche io utilizzare questo nuovo processo.
Come ti poni nei confronti della critica letteraria e delle recensioni? O meglio, come ti sembra che i critici e i recensori si siano posti nei tuoi confronti?
Debbo dire che per quanto mi riguarda i migliori critici o recensori di un autore sono i suoi lettori o sostenitori, ci si trova spesso ad avere critiche positive di circostanza, ma queste le fiuto da lontano, mi lusingano quelle sincere e positive, ma apprezzo molto le negative se fatte con intelligenza perché fanno capire dove migliorare. Io stesso recensisco vari colleghi sul mio sito, ma rimane solo un mio personale punto di vista che comunque trova un entusiasta consenso.
Quale ruolo pensi che debba o possa avere uno scrittore nella società di oggi?
Il ruolo di uno scrittore penso sia quello di un artista che lavora con le parole, un operaio del pensiero come sosteneva qualcuno. Lo scrittore in base al suo genere deve mettersi a disposizione di chi per svago, per studio, per conforto, ama leggere. Ne consegue che chi scrive deve fare da referente a quanti non arrivano a esprimersi e cedono al lavoro dell’autore le loro emozioni, sensazioni e immedesimazioni. Lo scrittore è un produttore di cultura e come tale deve poter essere riconosciuto con gli stessi diritti di chi opera nel mondo del lavoro.
Ci sono autori o generi che invece prediligi nella lettura?
Dedico la lettura alla poesia, prediligo i classici ma anche i contemporanei e i moderni, tra gli autori mi piace molto Eugenio Montale, Stecchetti, Neruda e altri. Di generi di letteratura dipende dal momento, spazio dall’avventura al romantico, di altri generi leggo libri di storia, enigmi, popoli e culture, archeologia ed esoterismo.
Sei presente sul web con un blog personale, come ti poni nei confronti del web, quale valore gli conferisci?
Ho un sito http://www.gan-poeta.com/, dove ci sono tante cose che mi riguardano e articoli che mi piace scrivere su vari argomenti, sono inoltre presente sul web in vari social network e anche in siti di letteratura, perché credo che oggi la rete sia un mezzo di comunicazione diretto ed efficace se utilizzato con serietà e intelligenza. L’utilizzo che faccio del web, come credo la maggior parte delle persone, è sopratutto quello istruttivo e per essere aggiornato sugli avvenimenti nel mondo, oltre a essere una buona vetrina dove poter esporre le proprie attività o interessi.
Cosa vorresti fare “da grande”? Ossia hai dei progetti nel cassetto o dei progetti particolari?
Ho tante idee e progetti che vorrei fare “da grande”, alcuni sono già in cantiere e se tutto va bene entro l’anno vedranno la luce, altri sono solo in forma di pensiero e per essere messi in pratica hanno bisogno di collaborazioni che non sempre sono facili da attuare. Per ora cerco di portare avanti quelli iniziati, nel frattempo valuto varie richieste di cooperazione scegliendo quelle che mi sembrano più consone alla mia persona.