C’è chi nella vita ha quasi tutto e chi, invece, manca di quasi tutto, dipende da come si affronta questo viaggio intrapreso nostro malgrado. Tutto ruota attorno a quell’avverbio: quasi. Quasi tutto è anche il titolo di una squisita raccolta di racconti scritti da Massimo Sergi, autore, fotografo e musicista (ed esperto di arti marziali) pugliese che attualmente abita e lavora a Roma, edita dalla casa editrice romana Terre Sommerse.
I brani appaiono ancorati ad alcuni capisaldi e sembrano scorrere, per mutuare il concetto espresso in Spartiti [pag. 91], su un pentagramma dove l’anima musicale dell’autore ha di volta in volta affrontato il tema della morte, della notte, della follia, del mistero e di altre componenti umane. “Tutto” in chiave “quasi”, anche inteso come avvicinamento asintotico alla verità.
Un libro di 112 pagine solo all’apparenza di facile lettura. Alcuni brani sono assimilabili a pareidolie, come per esempio Il fantasma [pag. 9] e Il rumore nei muri, [pag, 15], altri offrono punti di vista originali, come In tram [pag. 23] e L’altro angelo [pag. 27]; altri ancora ricalcano inedite linee del doppelgänger, fino ad arrivare all’ultimo, intitolato appunto Quasi tutto, che costituisce la metafora di come noi, poveri e forse anche inutili esseri umani, intendiamo – vanitosamente? – l’esistenza: privatissimi spezzoni di vita – avventure, disavventure e circostanze di vario genere – che possono avere un senso solo per pochi e solo se “montati con la giuntatrice”, ossia quasi normalizzati secondo una logica spesso incomprensibile.
Ma in tutto ciò, l'Essere umano, l'intelligenza per antonomasia, quale ruolo ha? Racchiude almeno un seme, un gene del DNA, una minima speranza di miglioramento, seppure relativo, un meccanismo, magari sopito, che un giorno potrà mettersi in moto per ridurre il campo d’azione di quel maledetto quasi che rende tutto più difficile? A leggere Un mese di ritardo [pag. 63], ambientato nel futuro, sembrerebbe di no: sulle nostre piccolezze, sui nostri orticelli, sventolerà sempre la bandiera del “Mors tua, vita mea”.
Il “quasi” è sempre lì, in agguato e chissà se esiste da qualche parte il modo per risolverlo.
Insomma, con una scrittura snella e scorrevole e uno stile lineare l’autore è riuscito a dar vita a dodici narrazioni magistrali sul “quasi”, dodici spunti di riflessione su come gestirlo, per quanto possibile, e su come affrontare l’anastilosi della memoria (e mi si consenta anche questo parolone), alla quale siamo legati da un cordone ombelicale.
Un consiglio: leggete quest'opera con in sottofondo il CD Walkaround (tutto attaccato, per esorcizzare il “quasi” dirimente?), che contiene musiche dello stesso autore e potrete trovare altre chiavi di lettura.