Esistono siti che offrono recensioni davvero approfondite, me l’ha fatto da poco scoprire un’amica ficcansa. Quando io diventerò uno scrittore famoso, però, su quel sito non ci voglio andare. Ho già parlato qui e qui di due libri. Oggi non posso resistere e devo parlarvi del terzo.
Nella luce di un giugno radioso e sfacciato, Viola sente crescere il vuoto delle sue giornate. Ha quarantatré anni, e per metà della vita è stata moglie devota di un acclamato direttore d’orchestra e madre di una figlia avuta da giovanissima. Nient’altro, nessuna concessione a se stessa, nessun inciampo, nemmeno ora che, con la morte improvvisa del marito e una figlia ormai adulta, le sue giornate sono scandite dalla solitudine.
Insomma una ricca vedova annoiata e ancora piacente. Dove sta la novità? Ah, sì, forse nella sfacciataggine e nella radiosità di quel giugno. Io lo chiuderei già qui ‘sto libro, però dai, vediamo se succede qualcosa.
Il pomeriggio del solstizio d’estate, durante un concerto in memoria del marito, Viola conosce un uomo e qualcosa accade dentro di lei: una breccia nel muro, un’infiltrazione d’acqua nelle crepe, un punto di sutura che si dissolve.
È una ricca vedova con una figlia oramai adulta, quindi è libera, e per non addormentarsi al concerto - sotto un sole cocente - in memoria del marito (la scelta del solstizio d’estate è davvero misteriosa, ma sorvoliamo) si guarda un po’ attorno, mi sto addormentando anche io però.
Mentre nel chiostro assolato risuonano le note di Bach, un’impacciata Viola in abito da cocktail, il filo di perle al collo e i capelli raccolti, lascia il concerto e fugge in macchina con lui.
E scommetto che il pubblico sonnecchia a tal punto da non accorgersi nemmeno che la vedova inconsolabile, con la scusa di rifarsi il trucco va in bagno dove molla veletta e fazzolettino lacrimato (ma si tiene il filo di perle al collo) e fugge con il bel tenebroso.
La tentazione è quella di abbandonarsi, di lasciarsi portare dalla corrente, ma l’autocontrollo è la disciplina in cui Viola eccelle e quello che sta succedendo non è solo sconveniente: è assurdo.
Autocontrollo? Be’ certo, una che fugge a gambe levate col primo che capita il giorno in cui si ricorda il marito defunto (e magari è pure in prima fila) eccelle davvero in autocontrollo.
Eppure è tardi per tornare indietro, perché il viaggio è iniziato, e con quell’uomo lei sta andando esattamente dove desiderava da tempo: lontano. Lontano da tutto per avvicinarsi alla sua verità, semplice e scandalosa.
Si rifà una vita che le permette di opporre qualche scusa almeno apparentemente accettabile per non andare ai concerti in onore del de cuius e ricomincia finalmente a trombare come si deve, dove starebbe la cosa sensazionale?
Su anobii leggo cose bellissime su questo libro, tipo:
“[...] perché raramente mi è capitato di trovare in un libro quello che nella vita mi è successo di cogliere in molti destini di uomini e donne, ovvero una incommensurabile fragilità in grado di orientare il senso delle cose oltre ad averne colto il significato più profondo di esse.”
Non ci ho capito un’acca, però sono parole molto belle e intense. Oppure:
“[...] per la composizione, il tempo, variabile da capitolo a capitolo con continui rimandi dal significato di durata, esistenziale e storica, a quello apparentemente più innocente della meteo. Ecco perchè ogni capitolo riporta perentorie le scansioni climatiche dal secondo capitolo che si apre con Cielo sereno e temperature al di sopra della media stagionale. al penultimo, il diciannovesimo che recita: Nonostante il persistere di piovaschi diffusi, si prevedono schiarite nel corso della notte.”
Insomma è un libro molto bello sulle isobare e sull’anticiclone delle Azzorre, ché quando si parla del tempo si è sempre un po’ tutti d’accordo, anche se soffia un vento monello che cambia l’orientamento degli accenti.