Questo lo avevo scritto sul vecchio blog alle ore 16:12 del giorno 01/12/2011
Non sono un frequentatore di cotal blog, ho solo cliccato incuriosito dal titolo, che ho letto da qualche parte in rete: “i nomi degli evasori”, ma poi ecco la prima delusione, quello era solo il nome del link, il titolo vero del post è: “il nome dell’evasore”. Vabbè - buona però come tattica per attirare la gente e far girare il contatore delle visite -, già che c’ero ho letto.
Il solito brodino, che però se lo preparano certe menti illuminate diventa un consommè d’haute cuisine.
È giusto premettere che in Sardegna abbiamo molti problemi, uno dei quali è costituito dalla quota di tributi che il governo dovrebbe riconoscere e versare (ma che non versa) alla Regione Sardegna (nel blog si dice che la Sardegna ha un problema con “l’Italia”, probabilmente chi ha scritto il pezzo è rimasto un po’ indietro con la storia); c’è da dire che comunque ricordarlo per l’ennesima volta aiuta, è vero, alla diffusione della vicenda, nota anche come “vertenza entrate” (un po’ come quando ci diciamo che in giro c’è tanta gente cattiva).
In Sardegna abbiamo anche un altro problema, che si chiama Equitalia: un’entità spaventosa che provvede a riscuotere coattivamente quei tributi o quelle imposte che i cittadini, per vari motivi, non hanno pagato puntualmente; le somme che Equitalia chiede sono aumentate di more, sanzioni e altro che fanno lievitare gli importi a livelli che vanno ben oltre il normale concetto di usura; a volte, benevolmente, Equitalia concede anche rateizzazioni, ma a condizioni talmente cervellotiche che alla fine vanno a completo discapito del contribuente.
Succede che un gruppo di donne, eroiche è indubbio, stufe delle angherie di Equitalia (che agisce fuori ogni regola e che, è possibile dimostrare, ha anche creato situazioni che puzzano un po’), si sono accampate di fronte al palazzo della Regione Sardegna e hanno iniziato un drammatico sciopero della fame, per chiedere sia l’applicazione dell’art. 51 dello Statuto Sardo, sia la revisione dei protocolli di aggressione che Equitalia pone in atto.
Ed ecco che appare l’articoletto anche su questo fatto.
Le frasi che più mi hanno “colpito”, per usare un eufemismo, sono state queste:
“Negli scorsi giorni alcune donne hanno attirato grande attenzione mediatica portando avanti uno sciopero della fame davanti al consiglio regionale;
probabilmente è sfuggito che l’atto coraggiosissimo di queste donne, qualcuna delle quali è stata portata via in ambulanza perché stava letteralmente morendo, ha sortito anche effetti concreti, visto che il consiglio regionale si sta occupando fattivamente del caso Equitalia, e non solo “attenzione mediatica”.
la loro protesta partiva da istanze fondate, ma era incerta nel contenuto ed è principalmente per questo che non ho accettato i ripetuti solleciti giuntimi da più parti perché supportassi la loro lotta.
In poche parole non ha capito granché della protesta, sembrerebbe, eppure le ragioni erano così chiare.
Pur condividendo la valutazione del disagio sociale da cui prendeva spunto, resto convinta che sforzi simbolici di quella portata meritino di essere indirizzati con maggiore intelligenza politica,
Ah, ma allora ha capito e sta dicendo che coloro che l’hanno messa in atto sono poco intelligenti politicamente. Peccato che i libri di storia siano pieni di rivolte partite dal popolino, mosso da urgenze più contingenti e meno attento all’intelligenza politica.
altrimenti si fa la fine di quelli che - in perfetta buona fede - per ridurre i costi della casta hanno fatto tagliare di 30 unità le quote di rappresentanza democratica e i consiglieri rimasti continuano a prendere 14 mila euro al mese”.
Chi ha capito l’attinenza della frase, per favore, me la spieghi.
Ma ancora:
“La richiesta che non potevo condividere era quella dell'applicazione dell'articolo 51 dello Statuto, il quale prevede che la regione Sardegna possa chiedere allo Stato italiano la sospensione di un provvedimento economico o finanziario manifestamente dannoso all’Isola. Con quell'articolo ci si pone nella condizione di chiedere allo Stato il "favore" di sospendere la conseguenza, ma senza mettere minimamente in discussione la legittimità della causa. Ottenendo l'applicazione di quell'articolo si sarebbe focalizzato bene il dito, ma si sarebbe del tutto dimenticata la luna.”
In poche parole, l’articolo 51 dello Statuto della Regione Autonoma della Sardegna secondo l’autrice è una solenne stupidaggine, peccato però che in realtà quell’articolo dica una cosa ben diversa da quello che lei ha scritto e che comunque il concetto di “sospensione” implica anche quello di revisione. L’autrice, finissima politica nonché tuttologa, invece propone per quella protesta l’articolo 9 del medesimo statuto.
Quindi se quelle donne, invece del 51, avessero manifestato ai sensi dell’articolo 9, lei avrebbe accettato di andarle a trovare, ma è troppo tardi, peggio per loro.
Ma cosa dice l’articolo 9?
Sancisce che la Regione Sardegna può affidare agli organi dello Stato l'accertamento e la riscossione dei propri tributi.
Quindi volendo la Regione Sarda potrebbe riscuotere direttamente i propri tributi revocando la delega al governo centrale (bisogna vedere però i contenuti di quella delega).
Quello che la somma autrice non capisce, è lampante, è che una rivoluzione contro Equitalia e tutto il sistema di riscossione dei tributi, per forza deve prima passare l’articolo 51, al fine di sospendere la riscossione da parte “dell’Italia”, per poi finalmente passare alla revisione dell’articolo 9. E se la rivoluzione non parte proprio da quel popolo che ha subito il trattamento Equitalia, nessuno si muoverà mai (come in effetti nessuno si è mai mosso, se non a parole dietro una scrivania).
Ma quello che più mi colpisce è che la sensibilissima autrice - donna, spesso attentissima e sensibilissima alla condizione femminile - non ha considerato minimamente quelle donne – che per me definire eroine sarebbe riduttivo – solo perché anziché l’articolo 9 hanno invocato, correttamente, l’articolo 51; non solo le ha snobbate ma le ha anche tacciate di ignoranza (e con loro, tutti quelli che le hanno sostenute).
Alla faccia della solidarietà e del rispetto; alla faccia del progresso culturale. Del valore della donna.
Non è andata la scrittrice, io invece sì, a portare un modestissimo contributo a quelle nobili guerriere e ho preso atto di una muta, dignitosa e drammatica testimonianza, di una strenua lotta.
Non c’erano bandiere di partito, né simboli politici sulle roulottes che ospitavano quelle eroine, che ho abbracciato una a una e che stimerò per tutta la vita, forse per quello il loro risalto è apparso, a taluni, solo “mediatico”, mentre talaltri prima di esprimere la propria solidarietà hanno fatto finissimi ragionamenti legislativi. Perché evidentemente la solidarietà, checché se ne dica, secondo alcuni può essere assogettata ad altro.
Ah, dimenticavo, l’articolo contiene un link a un sito gestito da un gruppo indipendentista sardo, che cita il famigerato articolo 9. Ma nessuno è andato da quelle donne.
Taggo Gaja, Fiamma e Sabrina, amiche da sempre sensibili alla condizione delle donne. Taggo Ornella, che ha seguito da vicino la lotta davanti al palazzo della Regione Sarda. Taggo anche Gaia, specializzata nello scoprire merle pestate. Il tutto per avere un parere sul concetto, a me purtroppo sfuggente, di “opportunismo”, di “volgarità” e di “ignoranza” ancorché politica (miei, ovvio).