Per prima arriva la professoressa genetista Dedalo che spiega, da un punto di vista scientifico tutto suo, quali sono state le mutazioni genetiche che hanno portato alla nascita del Minotauro, toccando argomenti di attualità quali la clonazione e la fecondazione artificiale, dopodiché – di fronte a una Arianna sempre più disperata sul letto dell’abbandono – si alternano Dafne, Francesca da Rimini (esilarante, si presenta come una moderna “bimbaminkia” che saluta tutti quelli che la conoscono, poi rivela particolari inediti su Paolo), Ippolita, Giovanna d’Arco (che consiglia ad Arianna di smettere di fumare), Elena di Troia, Didone furente contro Enea, Medea abbandonata da Giasone, Penelope e Calipso vittime di Ulisse, poi donna Elvira che cinguetta, pistola in mano, un singolare disappunto nei confronti di Don Giovanni, in un susseguirsi di situazioni surreali e comiche che Ariel, con disincanto, commenta e conduce magistralmente. Le baccanti concludono l’incubo ballando uno scatenato pezzo da discoteca al seguito del loro idolo, il quale pone gli occhi su Arianna, che lo guarda tra lo sbigottito e l’incuriosito.
A teatro si rievoca, si interpreta, anche in maniera dissacrante, e non importa dove sia il vero, il falso o l’indefinito, e in questo atto unico la girandola di personaggi che si sono avvicendati sul palco ci ricordano i corsi e i ricorsi nella storia, che si ripetono simili ma mai uguali, prigionieri della fragilità e dei limiti umani, sebbene imprevedibili nelle mani del fato.
Arianna, forse per convincersi di non essere la sola nella storia ad avere subito una delusione, rievoca quelle che lei crede essere le sue “compagne di sventura”, per superare il suo dolore, ma alla fine cade nelle braccia di un Dioniso che – con garbo e gentilezza – la attira nuovamente in un labirinto.
Arianna, abbiamo detto, catalizza gli eventi di questa esilarante piéce, ma il vero protagonista della commedia è il dramma, il rapporto conflittuale che si ha con se stessi, per risolvere il quale si cerca da una parte di appoggiarsi a qualcuno, cui chiedere consiglio, dall’altra di trovare chi, prima di noi, in qualche modo sia incappato in qualcosa di simile al nostro dramma, sia per vedere come ha risolto il "dramma", sia per convincersi di non essere poi troppo soli nelle tragedie. Un meccanismo di sopravvivenza, che si appella alle tecniche oniriche e che cerca espedienti per non far cedere del tutto l’animo umano, che resta sempre sospeso nella poesia.
Bravi, non riesco aggiungere altro, bravi gli attori, che ci hanno fatto ridere e riflettere.
Complimenti e merda, merda, merda!